domenica 25 gennaio 2015

Medusa Café, capitolo 5 -
Il diavolo dietro la croce

-Mercoledì, giorno 5-

I - L’osservatore
Dante leccò la parte adesiva della cartina e la richiuse su se stessa con precisione chirurgica, poi passò la sigaretta a Ulisse.
“Stavolta hai vinto tu.”
Ulisse la strinse tra le labbra con aria soddisfatta, contento di aver vinto la scommessa. “Te l’avevo detto, sette giorni e dice che è colpa del diavolo. Ne sono bastati anche meno.” A quel punto uscì a fumare, mentre Dante si stiracchiava sul divano su cui aveva dormito. La notte prima, delle urla provenienti dal piano di sopra avevano svegliato tutti, e quando quella mattina Beth era scesa al piano terra lo scrittore l’aveva interrogata al riguardo: era stata Maria ad urlare, e aveva mormorato il nome del diavolo un paio di volte prima di ritornare del tutto cosciente. A quel punto si era limitata a dire di aver avuto un incubo a causa della cena troppo pesante e aveva continuato a recitare rosari sottovoce per ore, probabilmente sperando che nessuno la sentisse. A giudicare dalle occhiaie di Beth e delle altre donne, aveva sperato invano. Dante era convinto che quella donna avesse passato tutta la sua vita a pregare senza alcun risultato. Non aveva nulla contro la religione, anzi, riteneva che il semplice atto di credere in qualcosa potesse fare bene ad alcune persone, ma se anche la donna dalla fede incrollabile non ne aveva abbastanza da dormire tranquillamente mentre gli atei e i non praticanti ci riuscivano, verosimilmente il tempo che aveva passato in chiesa non le era servito a molto. Dopo essersi passato una mano tra i capelli, Dante aprì la sua agendina e prese qualche appunto sconnesso, come aveva sempre fatto. Erano osservazioni, idee, aforismi, sviluppi di possibili trame di racconti o romanzi, qualunque cosa gli venisse in mente. Passava tempo, a volte anche mesi, prima che li riordinasse e ne tirasse fuori qualche idea effettivamente utilizzabile, e la maggior parte venivano scartati in ogni caso, ma si divertiva a rileggerle.

La vecchia fanatica inizia a vedere il diavolo. Va in giro esorcizzando gli abitanti del bar. Inizia a dire messa e a benedire tutti prima di ogni pasto. Addita macchie nel muro dicendo che si tratta ora di Gesù Cristo, ora di Satana. Oppure è davvero Satana: esiste davvero, è sceso sulla terra per diffondere il male, ha assunto le sembianze di un cane e si fa chiamare Raider-

Quando alzò lo sguardo dall’agenda, si accorse che l’ambiente si era fatto più disteso rispetto al giorno prima: la cena comune si era rivelata essere davvero una buona idea. Marley raccontava aneddoti sconci a qualcuno, molti dei quali aveva già raccontato la sera prima con dettagli diversi, quacun altro giocava a carte, Cesare mormorava insulti a mezza bocca scavando sotto il bancone del bar e riempiendo scatole che stava portando nel suo ufficio, Maria era ancora da sola, in un angolo, lo sguardo perso nel vuoto. Forse stava perdendo la testa, forse sarebbe impazzita e avrebbe ucciso qualcuno nel sonno credendo che fosse l’incarnazione del demonio. Scrisse la sua teoria sull’agenda mentre Adam ed Eva entravano nel bar, di nuovo oltre l’orario della colazione, di nuovo con l’aria complice delle persone che hanno appena fatto l’amore, dirigendosi frettolosamente verso il bagno per lavarsi le mani. Sembravano bambini che cercano di nascondere le prove di una bravata, come se temessero di essere incolpati per aver avuto un momento di felicità sotto quella pioggia incessante.
Appena uscì dal bagno Eva si diresse verso Maria, le afferrò una spalla scuotendola leggermente, e si sedette al suo fianco parlandole sottovoce. Era l’unica a non sapere degli incubi oltre a suo marito, ma era chiaro che lui non fosse interessato alla vicenda. Quando Adam ricomparve all’interno del bar, Lancelot si congedò da Marley con una pacca sulla spalla, lo avvicinò con fare amichevole e lo invitò a giocare a dama. Dante osservava gli abitanti del bar come se fossero personaggi di una storia, e se avesse dovuto scegliere i suoi preferiti sicuramente Lancelot sarebbe stato nella lista, insieme a Marley e Beth. Conosceva la cameriera da almeno un anno, e sebbene non fossero mai entrati davvero in confidenza, si era fatto un’idea del tipo di persona che era: forte, con tanto da dare e tanta voglia di darlo, ma incapace di esprimere ciò che ha dentro. Magari quella pioggia avrebbe tirato fuori il meglio di lei, o forse il peggio. Marley era un pezzo raro da trovare in quei tempi: un idealista. La quasi totalità delle cose che diceva erano cazzate, ma il suo ardore era ammirevole, e sicuramente fonte di un enorme potenziale narrativo. Mentre Dante pensava al personaggio di un romanzo ispirato a Marley, un eroe nobile di altri tempi catapultato in una realtà priva di reali ideali a cui appellarsi, lo guardò sgranare gli occhi e dischiudere le labbra mentre seguiva con sguardo perso il fondoschiena di Lucrezia, che entrò nell’ufficio di Cesare con aria disinvolta. A vederlo così, dovette ammettere a se stesso che c’era davvero poco di eroico. E poi c’era Lancelot, che giocava a dama con Adam.

Lancelot gioca a dama con Adam, amichevole e gioviale. Ha i gomiti piantati sul tavolo e un orologio grosso e scintillante. Sembra amichevole, ma in realtà ha adocchiato la sua donna dal primo giorno. Non è mai stato uno a cui piacciono le imprese facili, si è interessato all’unica donna sposata. La guarda sempre, la sogna la notte, avvicina suo marito per avvicinare lei, impreca fra i denti quando si rende conto di aver fatto una mossa sbagliata, sfoga la tensione giocando con il quadrante dell’orologio e poi srotolando le maniche della camicia mentre Adam muove, sorride con i suoi denti da lupo e muove la sua pedina, una due, tre volte. Sorride e tende la mano ad Adam. Ha vinto, ma Adam ha ancora la dama che lui desidera più di ogni altra-

Dante si interruppe, annoiato dalla banalità dei propri pensieri. La pioggia incessante e inspiegabile avrebbe potuto portargli ispirazione per storie più interessanti di quella. Qualcosa come il diavolo incarnato in un cane, o come quella di Lucrezia che esce a passo spedito dall’ufficio di Cesare, rossa in volto e con l’aria di chi ha appena subito un affronto. Ulisse era tornato a sedersi al suo fianco, seguito da Raider, e Dante lo interpellò immediatamente.
“Guarda la ragazza. È entrata pochi minuti fa e ora esce così. Cosa sarà successo?”
Ulisse arruffò il pelo di Raider, e giocando lo spinse a terra. “Gli ha chiesto più cibo, e lui ha detto di no.” Dante non sembrava soddisfatto, quindi ritentò: “Gli ha chiesto dell’alcol allora.”
“E sempre lì vai a parare. Secondo me è qualcos’altro. Queste sono cose contro le regole, e lei è entrata con troppa disinvoltura. Probabilmente si trattava di una richiesta lecita, alla quale ha ricevuto una risposta burbera di quelle che solo Cesare sa dare. Forse voleva usare il suo computer. Forse le serve un assorbente, ha chiesto a Beth e lei le ha detto di cercare nella dispensa, ma Cesare stava facendo altro e l’ha mandata via.”
Ulisse sembrò convinto della spiegazione, e continuò ad annuire per qualche secondo mentre guardava Lucrezia raggiungere Cicerone alle spalle e poggiargli le mani sugli occhi. Forse, pensò lo scrittore, era entrata mentre Cesare cambiava nascondiglio alla cocaina. Quando l’avevano trovata nel furgone, il secondo giorno, erano rimasti di stucco. Avevano sempre pensato che Tony fosse uno sfaccendato e non si sarebbero stupiti all’idea che all’occorrenza si facesse una striscia o due, ma era tutta un’altra storia rispetto alla quantità che avevano trovato nascosti fra le consegne per i vari locali. Erano circa quattro chili, e avevano deciso di portarla nella dispensa e nasconderla lì all’insaputa di tutti gli altri, ma con le nuove regole l’accesso non era più riservato ai soli dipendenti. Chiunque poteva entrare a seconda dei turni di pulizie e di chi serviva i pasti, ne avevano parlato la sera prima e Cesare aveva promesso che se ne sarebbe occupato durante la notte, ma probabilmente aveva rimandato alla mattina. La sua attenzione fu di nuovo attirata da Marley e dalla sua maglietta, una t-shirt nera su cui erano disegnate in bianco due braccia incrociate, sovrastate da una scritta: The World Is Xenophobic. Marley lo avvicinò e gli schioccò un paio di volte le dita davanti agli occhi:
“Hemingway, il grande capo ti chiama. Dicono che oggi è il tuo turno di servire il rancio.”
Dante si alzò lentamente, facendo pressione con le mani sulle ginocchia, mentre lo guardò allontanarsi. Sulla schiena della t-shirt le mani erano aperte come in un abbraccio, e la scritta diceva, banalmente,  But I Am Not. L’aveva davvero paragonato ad un eroe nobile d’altri tempi?

II - Singin’ in the rain
Quel giorno il comunicato radio arrivò durante il pranzo, e fu ancora più breve e insignificante del precedente: il presentatore si limitò a ripetere di restare al coperto e aspettare gli sviluppi o le notizie ufficiali, augurò buona giornata con un tono poco convinto e fece partire di nuovo la musica.  Dante rise fra sé e sé, immaginando di telefonare alla stazione radio: “Salve, mi chiamo Dante, telefono dal Medusa Café. Avrei una richiesta musicale, un classico: Singin’ in the rain.” Iniziò a fischiettare il motivetto e si allontanò dagli altri, per paura che potessero riconoscerlo. Era sicuro che nessuno, neanche Ulisse, l’avrebbe trovato divertente, e in fondo non sapeva neanche perchè lui stesso lo trovasse tale, ci riflettè qualche minuto e l’unica spiegazione che riuscì a darsi fu che stava perdendo la testa. In fondo la stavano perdendo un po’ tutti, pensò a Maria che sognava il diavolo, a Lancelot l’uomo in carriera che si invaghiva della donna sposata, o a se stesso che vedeva l’occhiata di un uomo verso una donna e si convinceva che ci fosse una trama dietro, ad Adam che spaccava il telefono e  offendeva Ulisse, e a Madeleine. Quella donna sembrava essere costantemente terrorizzata anche dalla propria ombra, chissà cosa le era successo per ridursi in quelle condizioni. Stavano tutti perdendo il senno, da quando Tony era stato ucciso dalla pioggia. “Salve, mi chiamo Dante, telefono dal Medusa Café. Avrei una richiesta musicale, dedicata al mio amico Tony: Raindrops keep fallin’ on my head.” Soffocò a stento un’altra risata e si concentrò su Madeleine, aprendo ancora la sua agenda:

Madeleine viveva nel terrore che il suo passato potesse rifarsi vivo: il suo maestro, il suo mentore, l’uomo che le aveva insegnato a uccidere, l’unico uomo che avesse mai amato, l’uomo da cui stava fuggendo. Se avesse scoperto che non era morta davvero, la sua vendetta sarebbe stata terribile-
No, quelle era la trama di un film che aveva visto. Tracciò una linea sotto quelle parole e ripartì daccapo:
Madeleine non riusciva a dimenticare ciò che aveva visto: decine di persone, cavie, portate di forza in delle camere che chiamavano docce, con un riferimento palese ai campi di sterminio, e testavano su di loro la nuova arma di distruzione di massa: acqua assassina. Aprivano le docce e quelle persone venivano letteralmente distrutte dall’acqua, come se ogni goccia fosse un proiettile. E ora, quell’acqua cadeva dal cielo, e lei era l’unica a sapere chi ci fosse dietro quella tragedia all’apparenza inspiegabile… Tranne Cicerone, l’agente segreto inviato per ucciderla, l’unico ad essere a conoscenza dell’unica via di fuga, ovvero il-

Adam stava sbraitando di nuovo, stavolta mentre parlava con Margaret. Era nervoso a causa del comunicato radio, preoccupato per suo figlio, arrabbiato perché sembrava che a nessuno importasse di trovare una soluzione a quella pioggia, diceva che ormai si erano adagiati in quel bar ed erano tutti contenti così, ma all’esterno c’erano persone, i loro cari, e che doveva per forza esistere una soluzione. Dante scosse la testa e aggiunse le parole tunnel sotterraneo agli appunti. Pensò a suo fratello, che forse era in casa al sicuro con la moglie e i bambini, o forse era morto come Tony, o che piangeva la morte di sua moglie, o di uno dei figli, o di tutti e tre, e tutte le altre possibili sfumature. Pensò a E., che non sentiva da anni, e al tempo passato insieme. Forse era sepolta sotto la pioggia, era stata violentata da qualcuno che era impazzito, o stava morendo di fame sotto un balcone per strada. E. era l’unica tra le donne che aveva amato a non essere mai stata la sua musa, e non era mai riuscita a cogliere la grandezza di quella cosa. “Non c’è nulla nelle tue storie che parli di me” gli diceva, e non aveva mai compreso che la sua assenza dai mondi fantastici che lui inventava significava che non c’era nulla da reinventare, stava bene così e non voleva cambiarla. E. era parte del mondo reale, non gli causava dolore, e Dante aveva sempre pensato che l’arte scaturiva dal dolore. E. era diventata la sua musa quando tra loro era finita, e quando quella ferita aveva smesso di fare male era passato ad altre muse. E ora, guardandosi intorno, lui sapeva che la sua musa era la pioggia. La pioggia, che aveva forzato Cesare a diventare il capo. La pioggia, che creava tensioni tra Margaret e i più giovani, che erano le persone a cui aveva deciso di dedicarsi. La pioggia, che spingeva un ragazzo all’apparenza educato come Cicerone a urlare improperi contro un povero cane per allontanarlo. La pioggia, che aveva obbligato Ulisse alla sobrietà costante e ad essere chi era realmente. La pioggia, che teneva quelle persone insieme, in attesa che si rompesse qualcosa nel fragile equilibrio che le legava.
Pensò che gli animali avvertono alcune tragedie prima che avvengano, probabilmente anche Raider aveva percepito l’avvicinarsi della pioggia, e che gli esseri umani non erano in fondo così diversi. Riusciva a sentire il cambiamento imminenete nell’aria, e forse non era l’unico. Anche Lancelot, probabilmente, lo sentiva.

Lancelot è seduto da venti minuti sotto il gazebo, fuori, immerso nel suono della pioggia, e scruta il furgoncino di Tony. Lo guarda perchè è il luogo in cui la sua dama dorme con Adam. Lo guarda perchè gli ricorda la navicella con cui è arrivato sulla Terra. Il suo compito è annichilire la razza umana, ma con il tempo ha iniziato a immedesimarsi negli abitanti di questo pianeta, e si è anche innamorato di una di loro-
No, troppo banale.
Beth osserva Marley che spazza controvoglia, obbligato a rispettare gli obblighi imposti dalla società contro il suo volere, e immagina di strappargli la scopa dalle mani e portarlo al piano di sopra-
No, era chiaro che le dinamiche tra loro due funzionavano nel modo opposto.
Marley spazza, controvoglia. L’hanno obbligato a prendere parte ai turni di pulizia, e se lui lo fa è solo per mostrarsi intraprendente agli occhi di Beth. È innamorato di lei da anni, da quando l’ha intravista in un corridoio del liceo che entrambi frequentavano. Solo di recente ha scoperto che lavora al Medusa Cafè, e ha iniziato a venire qui per avvicinarla. E ora si sta rendendo conto che la vicinanza fisica non basta, e che dividersi i compiti e le reponsabilità non basta. Vuole condividere di più con lei, anche se guarda il culo di Lucrezia ogni volta che gli passa davanti. Ma se lo fa è per allontanare dalla mente il pensiero dal suo amore infelice-

Era insoddisfatto. Erano tutte storie banali, e nessuna di quelle rendeva onore alla realtà. Nessuna di quelle storie poteva competere con il fattorino spacciatore che muore sotto la pioggia assassina costringendo uomini donne e animali a ricreare da zero una società con scorte di cibo limitate in attesa che la pioggia andasse via così come era venuta. Ma in fondo, pensò, la pioggia sarebbe dovuta finire prima o poi, era fisicamente impossibile che un quantitativo tale di acqua evaporasse contemporaneamente a quella che pioveva. Anche la pioggia assassina, però, andava contro le leggi della fisica, e non c’era spiegazione logica che potesse tenere. Dante uscì, camminando lentamente sotto il gazebo. Lancelot non si era accorto della sua presenza, era ancora fermo, con gli occhi fissi nel vuoto, come se scrutasse un punto indefinito nel grigiore oltre il furgoncino. A vederlo così gli ricordò quel passo di Dieci piccoli indiani in cui il vecchio generale restava immobile, seduto in riva al mare, mentre gli altri personaggi si affannavano alla ricerca dell’assassino. Le ultime parole che aveva rivolto alla ragazza, prima di morire erano inquietanti: “anche lei sarà contenta quando verrà la fine”, e poi era stato trovato morto sulla stessa sedia dove era rimasto seduto per ore. Come per fugare ogni dubbio che anche Lancelot fosse morto, Dante tossì e lo vide sobbalzare leggermente e voltarsi verso di lui, per poi ritornare a scrutare il grigiore. Erano tutti così preoccupati per la pioggia, tutti così desiderosi che finisse, e probabilmente nessuno di loro aveva pensato a cosa sarebbe successo dopo, sempre che ci fossero arrivati. Milioni di morti, danni naturali causati dalle inondazioni, sconvolgimenti climatici, ci sarebbe stato da lavorare per ricostruire, come in un paese dopo la guerra. Almeno, pensò sorridendo, avrebbero risolto il problema della disoccupazione. Si sarebbero ritrovati in una terra fatata oltre l’arcobaleno, a ricostruire la civiltà sui cadaveri di tutti quelli che erano morti di pioggia. “Salve, mi chiamo Dante, telefono dal Medusa Café. Avrei una richiesta musicale, dedicata a tutti i sopravvissuti: Somewhere over the rainbow.

III - Il diavolo dietro la croce

Ore dopo, Dante non avrebbe saputo dire come il tempo avesse fatto a passare. Erano tutti vistosamente nervosi, stanchi di quella nullafacenza interminabile nell’attesa che qualcosa cambiasse. Cesare si era chiuso nel suo studio per ore, Adam ed Eva si erano rintanati nel camioncino, e Marley cercava di coinvolgere tutti gli altri in giochi di società improvvisati. Quando aveva proposto il gioco dei mimi Beth si era alzata, chiaramente stizzita dal suo buonumore forzato, e aveva alzato il volume della radio. A quel punto tutti avevano seguito l’esempio di Maria, che non aveva detto una parola per tutto il giorno, e a parte qualche sterile scambio di battute, avevano aspettato l’ora di cena in silenzio.
Probabilmente Maria ci aveva pensato tutto il giorno, perchè quando aprì bocca durante la cena sembrava estremamente sicura delle sue parole, come se ognuna fosse stata scelta con la massima cura. Aveva la Bibbia aperta e lesse alcuni versi con un tono di voce alto e fermo:
“Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace. San Paolo ha scritto queste parole, e penso che tutti sappiamo che l’inattività non porta a nulla di buono. Volevo solo dirvi che potete pregare con me, in qualunque momento. Mai come ora è necessario tenerci lontani dalle tentazioni.” Abbasò gli occhi e si fece il segno della croce, mentre gli altri si guardavano l’un l’altro con imbarazzo. Cesare la ringraziò con tono poco convinto e Marley sbuffò sonoramente. Nessuno sembrava in vena di parlare, né tantomeno di pregare. Subito dopo la cena Madeleine chiese a Maria di fare una partita a carte, Marley supplicò Cesare per due bottiglie di birra, e dopo averle ottenute si avvicinò a Lucrezia proponendole un brindisi. Eva e Adam parlarono un po’ con Margaret e si congedarono da tutti gli altri dopo pochi minuti. Lancelot, che fino a quel momento era stato seduto con Ulisse a dare da mangiare a Raider, si alzò per dare loro la buonanotte e poi raggiunse Maria, chiedendole cosa pensasse di quella situazione.

Maria parla delle tentazioni, dice che le prove che dobbiamo affrontare non sempre sono atti buoni da compiere ma spesso ci viene richiesto di non cedere al male. Madeleine pende dalle sue labbra e si tocca i capelli, Lancelot si gratta distrattamente un crosta dall’avambraccio, annuisce ma fissa Madeleine. Sta dimenticando Eva e scoprendo un nuovo amore, sta scoprendo come saziare la sete della sua anima. E sarà proprio la sua incrollabile fede, insieme all’aiuto di Madeleine, a fare sì che egli uscirà sotto la pioggia, illeso, dopo aver condannato i malvagi e liberato gli oppressi-
Dante batteva a punta della penna sulle pagine della sua agenda, insoddisfatto.
Lucrezia parla con Cicerone. Lo guarda con occhi sognanti ma in realtà è lui che sta lentamente cadendo nella sua trappola-
Di nuovo Beth si volta verso Cesare, e i suoi occhi sembrano voler comunicare qualcosa. Lui abbozza un sorriso impercettibile, parte di un codice di comunicazione che solo loro conoscono-
Ulisse è rimasto da solo con Raider, gli parla e gli gratta la pancia, e ogni tanto lascia vagare gli occhi sulla stanza. Più di una volta si è fermato ad osservare Adam con aria-
Margaret sa. Solo lei sa che i due ragazzi stanno tramando contro di lei. Non hanno mai nascosto il loro astio nei suoi confronti, e non passerà molto prima che decidano di sovvertire l’ordine-

Si alzò dalla sedia, chiudendo l’agenda con uno scatto. Sentiva di star impazzendo. Stava iniziando a vedere troppe trame, troppi sottintesi, troppi movimenti appena accennati che la sua mente interpretava come frammenti di schemi più grandi. Osservava quelle persone da cinque giorni e non gli sembrava che Lucrezia avesse mai mostrato quel tipo di interesse per Cicerone, né che Lancelot potesse essere anche vagamente interessato alle teorie di Maria sulle tentazioni del diavolo e come resistervi. Le occhiate di Lucrezia e Marley verso Margaret, e di Lancelot a Madeleine, ad Adam e al furgone. Gli sguardi fugaci tra Beth e Cesare, e quella sottile tensione tra Ulisse e Adam. Non riusciva più a distinguere le interpretazioni plausibili dai frutti irreali della sua fantasia, immaginava diverse spiegazioni per un piccolo gesto e nella confusione perdeva di vista l’unica che in principio gli pareva essere reale. Cercò Ulisse con lo sguardo e richiamò la sua attenzione, invitandolo a fumare una sigaretta. Il mendicante gli si avvicinò con un sorriso sornione.
“Perché ora offri? Successo qualcosa?”
“No. Ho solo bisogno di distrarmi un po’ e scambiare quattro chiacchiere con un amico.”

A Dante sembrava strano sentire il suono della propria voce dopo tante ore di silenzio e riflessioni sregolate. Non si sentiva più padrone della propria mente, che correva senza criterio in ogni direzione possibile, pensava di essersi alienato troppo e aveva bisogno di tornare con i piedi per terra. Si concentrava su ogni parola che Ulisse diceva e su ogni suono che lui emetteva per rispondergli, finché non gli sembrò di aver riacquistato il contatto necessario con il mondo reale. A quel punto gli espose tutte le sue teorie sulle dinamiche silenti che erano in moto in quel bar, e dopo aver ascoltato il suo amico bollarle una ad una come assurdità si sentì rassicurato: sapere di essersi perso in fantasticherie era meglio che essere bloccato con persone che articolavano trame gli uni alle spalle degli altri. Suo padre gli diceva sempre che il diavolo si nasconde dietro la croce, che era necessario tenere gli occhi aperti e diffidare delle persone che non si conoscono. La croce del Medusa Café, però, sembrava non nascondere nulla: tutto andava per il meglio, si erano dati la buonanotte e le donne stavano salendo al piano di sopra. Lucrezia si fermò in mezzo alle scale e cedette il passo a Margaret, dicendo che doveva andare in bagno e che non sarebbero certo stati due scalini da rifare a fermarla, le avrebbe raggiunte prima che se ne potessero accorgere. Uscì dal bagno meno di un minuto dopo esserci entrata e si diresse verso il bancone, iniziando ad aprire tutti gli sportelli. Lancelot si alzò dal divano, la raggiunse e le chiese cosa cercasse, lei lo guardò con aria distratta e rispose di star cercando la carta igienica. A quel punto lui scosse la testa e le disse di seguirlo in bagno. Dante iniziò a fantasticare su una storia d’amore senza età, ma decise che per quel giorno ne aveva avuto abbastanza. Sentì la voce di Lancelot dirle che era nell’armadietto e poco dopo lo vide uscire dal bagno e stendersi di nuovo, non prima di aver lanciato un’ultima fugace occhiata al furgoncino. Quello sguardo indescrivibile fece mozzare il respiro a Dante, che chiuse subito gli occhi e finse di dormire. A quel punto, con la stanchezza e l’oscurità a velargli gli occhi, non era sicuro di ciò che avesse visto, ma dentro di sé sentiva che se avesse dovuto puntare un dito contro qualcuno sarebbe stato lui. Aprì di nuovo l’agendina e scrisse poche semplici parole:

Al Medusa Café il diavolo dietro la croce si chiama Lancelot.

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