giovedì 15 gennaio 2015

Medusa Café, capitolo 4 -
Nulla di nuovo sotto la pioggia


-Martedì, giorno 4-


<<Buongiorno a tutti, cari ascoltatori. Mi piacerebbe rallegrare la vostra giornata, sfortunatamente però non porto buone notizie. Abbiamo chiesto aggiornamenti alle autorità, ma pare che non ci siano dei veri sviluppi. La situazione è preoccupante. Sono ormai tre giorni e tre notti che la pioggia continua, e pare che non voglia smettere. Ci hanno solo ripetuto di non uscire per nessun motivo, e che stanno cercando una soluzione. Purtroppo mi dispiace dirlo, ma credo che brancolino nel buio. Spero di ricevere presto notizie migliori, nel frattempo rimanete in ascolto e NON uscite, per l’amor di Dio. Qui è tutto, vi lascio alla musica.>>

Il comunicato parve colpire gli abitanti del bar come un pugno in faccia. Quando la musica della radio era improvvisamente calata per dar posto alla voce dello speaker si erano affrettati al piano di sotto, per ascoltare cosa avesse da dire, ma la notizia era solo riuscita a dare l’ennesimo duro colpo alle loro speranze.
Sembravano più o meno tutti sconfortati. Tutti, tranne Maria. Quel giorno la signora era scesa per ultima per fare colazione. Era arrivata giusto in tempo per sentire il comunicato, ma non sembrava esserne rimasta particolarmente colpita.
Maria credeva fermamente in Dio. Maria sapeva che tutta quella situazione, per quanto potesse sembrare senza uscita, era sempre parte del piano del Signore. Maria pensava che tutto quello fosse solo una prova della loro fede, e ad essa si rimetteva, trovando la serenità.

Le persone nel bar rimasero qualche secondo in silenzio, attonite. Un silenzio che fece presto spazio ad una sensazione di inquietudine. Iniziarono a parlare nervosamente tra di loro, a chiedersi cosa si potesse fare, cosa sarebbe successo se non si fosse trovata una soluzione. Marley ad un certo punto si alzò in piedi, con un sorriso che sembrava esprimere soddisfazione. Disse loro che li aveva avvertiti, che lo aveva detto fin dall’inizio che non sapevano che pesci prendere, che la facevano fin troppo semplice e che chissà cos’altro stavano nascondendo. Gli abitanti del bar, in genere, quando iniziava con quel genere di teorie non lo consideravano particolarmente, a volte lo prendevano anche in giro, ma in quel momento, con le circostanze che sembravano essere sempre più critiche, non parevano avere abbastanza forza da opporsi.
Ci pensò Cesare a calmare la situazione.
“Adesso basta” urlò. “Non possiamo dare di matto ogni volta. La situazione non è delle migliori, ma a quanto pare nessuno sa come stanno le cose, o quanto tempo ancora dovremo rimanere, quindi tanto vale cercare di non perdere la calma. Abbiamo cibo per sopravvivere, il bar è grande abbastanza per tutti e tra venti minuti finisce l’ora di colazione, quindi pensate a mangiare. Aspettare di certo non ci farà male.”
Dopo il discorso ritornò al bancone, dove si mise a lavare i bicchieri che erano rimasti.
Le persone rimasero in silenzio per qualche secondo, quindi tornarono a mangiare, evidentemente placate.
Maria sorrise. Iniziò a sorseggiare il tè che aveva preparato, osservando la figura del gestore del bar che riponeva i bicchieri e si preparava un caffè.
Lei si fidava di Cesare. Prima del diluvio era venuta spesso al Medusa Café e, benché non avessero mai parlato più di tanto, si era fatta un’idea su di lui. Nella sua vita aveva conosciuto tante persone e ormai era convinta di riuscire a capire alla prima occhiata con chi si trovasse ad avere a che fare. E Cesare era un brav’uomo, ligio al dovere, che, nonostante tutto quello che stava succedendo, riusciva a farsi rispettare come figura di riferimento. Sembrava una delle poche persone lì dentro su cui si potesse effettivamente fare affidamento.
“Maria, ti disturbo? Posso sedermi qui con te?”
“Ma ti pare possa mai essere un disturbo, gioia mia? Siediti, mangia qualcosa.”
La signora indicò a Madeleine il posto di fronte a sé. Lei si accomodò, guardandosi attorno. Maria notò che si toccava i capelli in modo compulsivo, lisciandoseli tra le dita, come faceva sempre quando era nervosa. Sorrise tra sé e sé, osservandola. Erano passati anni ormai da quando la teneva sotto la sua ala, eppure non era cambiata da quando l’aveva conosciuta. Era seduta in chiesa, in terza fila, ed aveva proprio quella stessa espressione, quello sguardo perso da bambina bisognosa di guida. Non aveva ancora sentito la sua storia e già aveva deciso di aiutarla, di prenderla con sé. Ormai per lei era come una figlia, e sapeva bene quello sguardo cosa significasse. Era lacerata dal dubbio, aveva una domanda impellente da porle, e aveva bisogno della sua esperienza, della sua guida, per uscire dal circolo vizioso in cui era entrata.
“Dimmi, figliola, cosa ti turba?”
La donna trasalì, come se si fosse svegliata da un sogno. Ci mise qualche secondo per ritornare in sé, finché, ad un certo punto, fissò un punto di fronte a se, sospirando. Sembrava stesse cercando di riorganizzare i propri pensieri.
"Tu lo sai che mi fido ciecamente di te, Maria" esclamò quindi con tono serio, guardando negli occhi la donna di fronte a se. "Da quando ci conosciamo mi sei sempre stata vicina, anche nei miei momenti più grigi, e sei sempre stata la mia guida. Per questo ho bisogno di chiederti una spiegazione. Per quanto ci pensi...non so proprio come spiegarmelo."
"Spiegarti cosa?"
"Vorrei capire dov'è il volere di Dio in tutto quello che sta succedendo. È una situazione assurda, e non me ne capacito. Cosa ha in programma nostro Signore per noi, e perché mandarci questo...inferno-"
Le parole furono interrotte dalla mano di Maria, che accarezzò il volto preoccupato di Madeleine. Al suo tocco la donna parve iniziare a calmarsi, la frustrazione dava spazio ad una tristezza che fece capolino dagli occhi. La vecchia signora le sorrise, quindi iniziò a parlarle, con voce calma e rassicurante.
"Te lo ricordi quel passo? Giacomo 1:2... Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte..."
"...di fronte a prove di vario genere, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. Si, Beato l'uomo che...che..."
"...che persevera nella prova, perché, uscendone approvato, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a coloro che l'amano. Il Signore ha un piano per tutti noi, bimba mia, e non possiamo certo pretendere di poter comprendere i suoi pensieri. Possiamo solo avere fede in Lui e nella sua divina misericordia,  sapendo che tutto fa parte del Suo disegno."
"Si, hai ragione, ero così inquieta che... forse ho perso per un attimo di vista la via."
"Non essere dura con te stessa, Madeleine, può succedere di perdere la bussola in casi come questi. Guardati intorno, sembra di essere tornati ai tempi del diluvio universale, è solo naturale che possano venirci dei dubbi. E comunque non so, c’è qualcosa che non mi-”
“Caffé, signore?”
Il discorso di Maria venne interrotto da Beth, che portava con sé una caffettiera fumante e delle tazze, condite dal solito sorriso radioso.
“Oh, no, grazie, tesoro. Io ho già preso il mio tè solo cinque minuti fa, e non vorrei esagerare,rischio di diventare intrattabile.”
“Tu ne vuoi, Madeleine?”
“Eh? Ah, si, volentieri. Una tazza di caffè amaro, se è possibile.”
Beth annuì sorridendo, le pose la tazza di fronte e vi versò il contenuto della caffettiera, ancora bollente, all'interno.
"Grazie, Beth. Sei veramente un angelo.”
“Ma figurati, Maria, è una semplice cortesia. In fondo non mi costa niente.”
Maria le sorrise, quindi diede uno sguardo veloce alla sala. Gli studenti erano come al solito seduti insieme allo stesso tavolo, con Marley che faceva il buffone mentre gli altri sembravano non considerarlo particolarmente. Dante e Ulisse stavano seduti al tavolino vicino alla porta, nell’angolo, e discutevano a voce bassa. Il suo sguardo corse quindi al bancone del bar, dove Margaret e Cesare stavano parlando tra di loro. Proprio in quell’istante notò che Lancelot si era alzato dal tavolo in cui aveva consumato la colazione da solo. Rimase fermo sul posto, respirando profondamente e passandosi le mani tra i capelli, con gli occhi chiusi. Si alzò le maniche a livello del gomito, continuando quello che sembrava un rito preparatorio, quindi aprì gli occhi, avvicinandosi anche lui al bancone del bar. Maria parve incuriosirsi un momento della scena, ma poi si accorse che mancava qualcuno.
“Scusami, Beth cara, sai per caso dove sono Eva ed Adam? Non credo di averli visti da nessuna parte stamattina, l’ho notato solo ora.”
Beth rise per un istante.
“Sì, sono andata a chiamarli verso le nove, prima del comunicato della radio. Penso fossero già svegli, però. Ho preferito lasciarli stare” rispose quindi, con tono divertito. Madeleine la fissò confusa per un istante.
“Non so se è stata una buona idea…così si sono persi il comunicato alla radio.” le disse quindi, ancora dubbiosa
“Beh, diciamo che ho pensato che avessero bisogno di stare un po’ per conto loro.” le rispose Beth. “E poi stai tranquilla, dubito che abbiano sentito la mancanza di uno speaker radiofonico che se la fa addosso dalla paura. Ora scusatemi,” disse, alzandosi dalla sedia, “ma vedo Marley che si avvicina, e preferisco allontanarmi prima che inizi a fare lo scemo anche con me.”
Sorrise loro un’ultima volta, quindi si avviò verso il bancone, superando Marley che si stava avvicinando tenendo in mano una di quelle barrette di cioccolato con l’involucro dorato. Il ragazzo, che Beth non degnò nemmeno di uno sguardo, rimase lì interdetto per qualche secondo, ad osservarla, quindi fece spallucce e ritornò nuovamente dagli altri studenti, sempre col sorriso stampato in faccia.
Maria lo fissò per qualche secondo. Non le piaceva quel ragazzo. Ne aveva visti tanti di tipi come lui, ragazzacci senza valori, più occupati a drogarsi e a fare gli idioti in mezzo alle piazze con gente ugualmente inconcludente piuttosto che a prendere in mano la propria vita e il proprio futuro. Era esattamente il manifesto di quella generazione, una generazione bruciata che stava portando quel mondo in rovina e che guardava a cose come la famiglia e la religione come se fossero delle sciocchezze prive di valore. Si soffermò un po’ a pensare alle differenze tra come si comportassero i giovani al giorno d’oggi e di come fosse la situazione ai suoi tempi, ma decise di lasciar perdere.
“D’altronde, chi è senza peccato, scagli la prima pietra.” disse, tra sé e sé “Posso solo pregare perché capiscano, prima o poi.”
Scacciò via quei pensieri dalla testa e tornò a concentrarsi su quello che avveniva vicino al bancone del bar. Cicerone si era aggiunto a Cesare, Beth, Margaret e Lancelot, e sembravano discutere di qualcosa di importante. Probabilmente, pensò, stavano parlando di qualcosa inerente la gestione del bar. In particolare notò che Lancelot era particolarmente partecipe. Il suo modo di gesticolare, la sua espressione, tutto sembrava mostrare una profonda sicurezza, che contribuiva a dare l’impressione di avere a che fare con una persona particolarmente in gamba. Rimase a parlare con gli altri fin quando non lanciò uno sguardo verso l’ingresso. Dalla sua espressione sembrava aver notato qualcosa che lo aveva turbato. Parve mormorare delle scuse, quindi si alzò e si diresse verso il bagno, srotolandosi le maniche della camicia.
Maria si girò e notò che stavano arrivando Adam ed Eva, che erano finalmente usciti dal furgone. Sembravano un po’ stanchi, ma rilassati.
“Buongiorno, signore.” disse Adam, avvicinandosi con un sorriso stampato in faccia.
“Ben svegliati, piccioncini” rispose Maria. “Mi dispiace che siate arrivati così tardi, non avete fatto neanche colazione.”
“Non importa, aspetteremo l’ora di pranzo per mangiare qualcosa” le disse Eva, sorridendo a sua volta. Si guardò intorno, notando la folla vicino al bancone del bar. “È successo qualcosa stamattina? Vedo Cesare e gli altri parlare.”
“C’è stato un comunicato radio.” si intromise quindi Madeleine, con uno sguardo che mostrava ancora inquietudine “Non ci sono state buone notizie. In realtà non ce ne sono state proprio, che già di per sé è una brutta notizia, no? Hanno detto di non sapere nulla, che non hanno idea di cosa si possa fare, ci hanno ripetuto di non uscire-”
“Calmati, tesoro.” le disse a quel punto Maria, prendendole la mano “Si sono appena alzati, lasciagli il tempo di svegliarsi con calma.” Li guardò negli occhi, alzandosi lentamente dal divanetto.
“Non disperate, tutto si sistemerà.” disse quindi, con un sorriso materno “Isaia, 30:18, dice che Tuttavia il Signore desidera farvi grazia, per questo sorgerà per concedervi misericordia; poiché il Signore è un Dio di giustizia. Beati quelli che sperano in lui! Ed io spero in lui, e pregherò per tutti noi.”
I due coniugi si limitarono ad annuire, sorridendo imbarazzati, quindi si congedarono, unendosi alla discussione al bancone. Maria osservò nuovamente Madeleine.
“Ti va di aspettare l’ora di pranzo fuori, sotto il gazebo?”

Poco prima di pranzo la donna ritornò dentro, accompagnata da Madeleine. Si guardò attorno per un istante: gli abitanti del Medusa Café sembravano ancora divisi nei soliti gruppetti di due, tre persone, e avevano un’espressione nervosa dipinta in volto. Alcune persone non erano presenti, probabilmente erano salite al piano superiore. Avrebbe giurato che Margaret stesse di fronte alla finestra, dove l’aveva vista spesso, prima che avvenisse tutto.
Iniziò a chiedersi perché le persone fossero così distanti tra loro. Forse avevano paura, pensò, o forse erano semplicemente nervose per quello che era stato detto alla radio, o semplicemente la situazione non stimolava le persone a fare amicizia. Sembrava quasi ci fossero delle mura tra loro, che rendevano l'atmosfera ancora più deprimente. Maria e Madeleine si sedettero insieme, prendendo del cous-cous che avanzava dal bancone. Beth passò vicino al loro tavolino, il volto che mostrava in modo lampante quanto potesse essere stressata. Maria decise di fermarla.
"Tesoro, hai un'aria distrutta!" le disse "Perché non ti siedi un po' con noi? Dai, mangia qualcosa."
"Ti ringrazio, ma non ho molta fame." le rispose Beth, voltandosi verso di lei. Le fece un mezzo sorriso, che a stento riusciva a nascondere la stanchezza che trapelava dal viso "Però mi fermo volentieri, un po' di riposo può solo farmi bene." continuò quindi, facendosi spazio vicino Maria, che prese ad accarezzarle i capelli dolcemente.
"Ti ringrazio, Maria. È stata una giornata un po’ pesante."
"Lo vedo. È successo qualcosa? Hanno fatto problemi con le nuove regole?" le chiese, lanciando uno sguardo irritato verso Marley.
"No, anzi, da quel punto di vista va a meraviglia." le rispose "Nessun problema, nessuna lamentela, neanche da parte di chi ieri non sembrava affatto convinto. È quel dannato comunicato di stamattina. Stiamo riflettendo sul da farsi, su come affrontare questa situazione di..." si interruppe un istante, guardando gli occhi di Maria, "...particolare, diciamo così. Si sta parlando di questo da quando abbiamo finito di fare colazione! E guardate un po' qui dentro! Non so se vi ricordate come fosse prima della pioggia, ma sembrava di essere in un altro posto. C’era un’aria di leggerezza, la gente parlava in modo amichevole, tutti erano cortesi fra di loro. Ho fatto amicizia con tante persone da quando sono qui. Compreso Tony…” a quelle parole abbassò lo sguardo, sconfortata. “E ora non parliamo, non comunichiamo, è come se non ci conoscessimo. Siamo già pochi, se continua così si va al manicomio. C'è un'atmosfera..."
"Opprimente, sì, l'ho notato anche io. Forse converrebbe fare qualcosa a riguardo."
Beth la guardò incuriosita.
"Per esempio? Hai qualche idea?"
"Non so, ci sto pensando...ricordo che Padre Simon, in parrocchia, quando c'erano parecchi nuovi arrivati nella comunità, dopo la messa era solito organizzare una grande tavolata con tutti i presenti, così da conoscerci meglio. Te lo ricordi, Madeleine?"
Si volse verso la ragazza, che annuì con forza.
"Certo che lo ricordo, quella fu la prima volta che parlammo. Però non so quanto potrebbe essere il caso qui-"
"E invece è proprio una buona idea!" esclamo Beth, interrompendola "Vado a parlarne subito con Cesare."
"Madeleine, perché non la accompagni? Io ne approfitto per uscire qualche minuto'. Ho bisogno di riflettere un po'."
Madeleine annuì, quindi si alzò insieme a Beth, dirigendosi verso l'ufficio di Cesare. Maria si alzò a sua volta, tirando fuori dalla borsa la Bibbia e dirigendosi verso l'esterno.
Rimase seduta, Bibbia alla mano, per qualche ora, osservando le gocce che si infrangevano sull'asfalto. Le parole di Madeleine quella mattina l'avevano fatta riflettere ed era sul punto di metterla al corrente su alcuni aspetti della situazione che non la convincevano, prima che venisse interrotta da Beth.
C’era qualcosa che non andava in quella pioggia. Indubbiamente la Bibbia raccontava episodi in cui Dio aveva scatenato la sua tremenda ira, riflettendoci non era neanche la prima volta che era ricorso a questo genere di punizioni, bastava pensare al diluvio universale, ma erano passati ormai millenni, e dopo il nuovo patto con gli uomini e l’arrivo del Figlio non era più successo nulla del genere.
Inoltre notò che la situazione, per quanto critica, non era certo drastica. Le venivano in mente almeno due gruppi di sopravvissuti di cui aveva notizie certe, considerando loro nel bar e le persone bloccate nella stazione radio, e non le sembrava impensabile che ce ne fossero molti altri che se ne stavano rintanati in attesa che tutto finisse. Forse era veramente soltanto una prova della loro fede, un ennesimo test ad un'umanità che ancora continuava a deluderlo e ad ignorare i suoi insegnamenti, ma tutto quello sembrava servire soltanto ad inasprire l'odio tra gli uomini,piuttosto che come punizione.
Certo, se quello fosse stato veramente un atto di Dio lei non poteva certo pretendere di comprendere il suo volere ma, per qualche strano motivo, c'era qualcosa che continuava a non convincerla.
Venne distolta da quei pensieri da un cattivo odore che la raggiunse improvvisamente. Si voltò e vide Raider, che faceva proprio lì, sotto il gazebo, i propri bisogni. Maria contorse il volto in un'espressione disgustata. Si alzò in piedi in fretta guardando con aria minacciosa il cane, che si allontanò tranquillamente come se non fosse successo niente. Provò a dire a sé stessa che era naturale, che non poteva farne a meno e che sicuramente era meglio che li facesse lì fuori piuttosto che dentro il bar, ma l'idea che quel botolo puzzolente sporcasse ogni giorno il pavimento la ripugnava, soprattutto considerando che non avevano la più pallida idea di quanto sarebbero dovuti rimanere lì. Oltretutto non aveva mai avuto un buon rapporto con gli animali.
Fece per incamminarsi verso l’ingresso, per allontanarsi da lì sotto il prima possibile, ma venne fermata da Madeleine, la quale le disse che Cesare e gli altri avevano ascoltato la sua proposta e l’avevano trovata un’ottima idea, e che avrebbero organizzato la tavolata proprio per quella sera.
Maria rispose alla notizia con un sorriso, anche se quella maggiormente entusiasta della cosa sembrava proprio Madeleine.
“A questo punto entriamo, no?” le disse, prendendola sotto braccio, “Magari possiamo dare una mano.”

La sera si ritrovarono tutti al piano di sotto per dare una mano, chi prendendo il cibo dal bancone, chi portando giù le sedie, chi cercando di rendere vagamente invitante il poco che si aveva. Nell’osservare la scena Maria non riusciva a dire se tutto fosse dovuto all’entusiasmo, alla nascita di uno spirito di gruppo o semplicemente all’opportunità di avere finalmente qualcosa da fare.
Qualche minuto dopo l’inizio della cena le persone nel bar parlavano animatamente tra di loro. Cesare, seduto a capotavola, ne approfittò per fare un discorso su come, in quei momenti duri, fosse necessario che si collaborasse, ma Maria avrebbe giurato che le persone che lo ascoltavano con attenzione si contavano sulle dita di una mano. Marley in particolare cercò di animare la serata, improvvisando giochi di gruppo e raccontando aneddoti e incredibili storie che giurava di aver vissuto in giro per il mondo in quegli anni. Ad un certo punto cercò di proporre dei giochi alcolici, ma lo sguardo di Cesare lo zittì subito, nonostante l’idea sembrava aver stuzzicato almeno un paio dei presenti.
Maria quella sera non parlò molto: rimase quasi tutto il tempo ad osservare con attenzione le persone scambiarsi battute e divertirsi, quasi come se li stesse studiando. Si limitò a rispondere con un sorriso quando Cesare, richiamando la sua attenzione mentre lei saliva al piano di sopra per coricarsi, la ringraziò per l’idea della cena, affermando che magari da lì in avanti le cose sarebbero potute andare meglio.
Si appoggiò quindi su uno dei divanetti, posizionato di fronte alla finestra. Per un po’ rimase ad osservare distrattamente, mentre metteva in ordine i suoi pensieri. Rivide nella sua testa tutta la giornata, focalizzandosi in particolare sulla serata, e si rese conto che l’unica cosa che era riuscita a capire davvero era che tutti i presenti, da Cesare a Marley, erano fondamentalmente delle persone normalissime. Ognuno con i propri difetti, sicuramente, ma forse erano addirittura meglio di come se li era immaginati. Quell’idea, però, non riusciva a liberarla dai dubbi. Lei era stata fortunata, si era ritrovata in un posto dove il cibo, almeno nell’immediato, non era un problema ed era in compagnia di quella che sembrava brava gente, ma quante altre anime innocenti potevano dire lo stesso? E quante erano rimaste vittima di quella pioggia?
Non riusciva ancora a spiegarsi che cosa stesse succedendo. A volte aveva il dubbio che fosse tutta un’illusione, un sogno, ma quando ogni volta una goccia più grande delle altre sbatteva con forza su quella finestra, svegliandola la mattina e facendole ammirare per l’ennesima giornata il cielo grigio da cui non filtrava neanche un raggio di sole, capiva che era tutto vero, e ricadeva nel suo dilemma.
Perché Dio avrebbe voluto chiuderli in quell’incubo? A che scopo? Era veramente il suo volere che li costringeva lì, ogni giorno in attesa di una buona notizia che puntualmente non arrivava?
Immersa in quei pensieri, piombò un sonno tormentato da incubi, dove vide quelle che sembravano delle scene della sua vita prima del diluvio. Si ritrovò nella parrocchia, mentre parlava con padre Simon, che le indicava la povera Madeleine, raccontandole di come fosse stata ferita dalla vita. La scena si spostò direttamente fuori la parrocchia, lo stesso giorno, mentre le mostrava il negozio dove avrebbe potuto lavorare da quel giorno in avanti. A quel punto uscirono, camminando per la strada, quando un’improvvisa pioggia cominciò a cadere e le persone, al sentire l’acqua che cadeva sul proprio corpo, rimanevano schiacciate dal peso che si abbatteva su di loro, riempiendo l’aria con le loro urla disumane e con il proprio sangue. Si voltò e trovò ai suoi piedi Madeleine, che piangeva e sanguinava.
“Perché mai Dio vorrebbe mandare questo inferno su di noi?!” urlava “Perché, dimmelo, PERCHÉ?!”
Le ultime gocce si avventarono su di lei, riducendo il suo corpo in poltiglia.
Maria urlò verso il cielo la sua disperazione, mentre sentiva anche il suo corpo collassare sotto la violenza della natura.
Urlò, e si svegliò ansimando sul divanetto dove si era addormentata, con il volto ancora rivolto verso la finestra. Rimase lì impietrita, passandosi la mano sul viso, con i denti che battevano, in un misto tra freddo e puro terrore.
Finalmente aveva capito tutto, si disse. Tutte quelle incongruenze, quei dubbi, avevano finalmente una risposta. Ora sapeva perché Dio non aveva mandato un segno, non aveva dato loro la possibilità di dimostrarsi meritevoli della salvezza prima che tutto quello avvenisse: perchè non era lui il responsabile. No, erano altre mani, più oscure, più spietate, che li avevano fatti piombare in quell’orrore. Riuscì a mormorare solo una parola, prima che le persone potessero avvicinarsi a lei, mentre sentiva che le forze iniziavano a venirle meno.
“...Satana.”

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