-Sabato, giorno 8-
Adam si era svegliato alle sette e trenta. Aveva guardato sua moglie dormire e le aveva dato un bacio sulla fronte, poi aveva indossato l’orologio e la cintura. Aveva raggiunto Marley in punta di piedi e gli aveva scosso leggermente una spalla, finchè non aveva aperto gli occhi. A quel punto era andato in bagno a lavarsi la faccia e ad osservarsi nello specchio, come faceva ogni mattina a casa sua. L’incubo della pioggia era iniziato esattamente una settimana prima, e non accennava a smettere. Ormai quasi non faceva più caso al suo rumore, e se avesse potuto avere una doccia e un cambio di abiti avrebbe potuto sentirsi a casa anche lì. Una doccia, un cambio di abiti, e suo figlio. Mentre guardava il suo riflesso, si ripeté che non poteva permettersi di pensarci, che doveva focalizzarsi sulle sue responsabilità. Soprattutto dopo gli ultimi eventi era necessario mantenere l’ordine all’interno di quel bar, e cercare di rendere la permanenza di tutti quanti più pacifica e piacevole possibile, anche se era impossibile che qualcuno avesse potuto apprezzarla più di lui. Una settimana prima era un dirigente che, per quanto rispettato all’interno del proprio ufficio, non contava niente nel mondo. Faticava ad arrivare alla fine della giornata senza lasciarsi sovrastare dall’angoscia di non possedere nulla di reale e stava per perdere sua moglie, la vedeva sempre più assente, più lontana, più vuota, e per quanto potesse mostrarsi sicuro di sé quando le diceva che avrebbero superato quel momento, era costantemente terrorizzato; nel giro di sette giorni il mondo si era ridotto a quel bar, e lui era diventato uno dei capi del mondo. Le soluzioni erano cadute dal cielo, c’era bisogno di qualcuno che sapesse comportarsi bene e gestire la situazione, qualcuno come lui. Le cose con Eva erano migliorate da quando avevano avuto modo di passare del tempo da soli nel furgoncino, e ancora di più quando il mondo aveva riconosciuto il suo valore e aveva insistito per avere lui al comando. Ed essere al comando aveva i suoi lati positivi, soprattutto perché lui era stato scelto: nessuno aveva mosso obiezioni quando, contrariamente a quanto stabilito giorni prima, Eva era rimasta a dormire con lui al piano di sotto. Adam avrebbe voluto lasciarla dormire, ma le direttive che lui e Marley avevano ricevuto da Cicerone erano state chiare: tutti sarebbero stati svegliati alle otto e perquisiti per stabilire che nessuno avesse rubato nulla, perché da quel momento il cibo sarebbe stato tenuto tutto sotto chiave da Cicerone stesso. Quando l’aveva comunicato a loro due, Adam era sicuro che Marley stesse per rispondere con uno dei suoi sproloqui sulla dittatura e l’abuso di potere, e invece il ragazzo era rimasto in silenzio, con l’aria a metà tra il perplesso e il contrariato. Una settimana prima Marley era uno studente perfettamente calato nel suo ambiente, convinto di portare avanti una lotta ideale, pensò Adam, uno di quelli che gridano a gran voce sperando di fare qualcosa di importante per il proprio futuro, uno di quei ragazzi che viveva nel sogno della comunità, della ribellione, dell’uguaglianza e della sfida al potere; nel giro di sette giorni era diventato voce e braccia di quello stesso potere, e veniva deriso costatemente per le stesse idee che una settimana prima urlava in coro, abbracciato dalla voce dei suoi coetanei.