domenica 25 gennaio 2015

Medusa Café, capitolo 5 -
Il diavolo dietro la croce

-Mercoledì, giorno 5-

I - L’osservatore
Dante leccò la parte adesiva della cartina e la richiuse su se stessa con precisione chirurgica, poi passò la sigaretta a Ulisse.
“Stavolta hai vinto tu.”
Ulisse la strinse tra le labbra con aria soddisfatta, contento di aver vinto la scommessa. “Te l’avevo detto, sette giorni e dice che è colpa del diavolo. Ne sono bastati anche meno.” A quel punto uscì a fumare, mentre Dante si stiracchiava sul divano su cui aveva dormito. La notte prima, delle urla provenienti dal piano di sopra avevano svegliato tutti, e quando quella mattina Beth era scesa al piano terra lo scrittore l’aveva interrogata al riguardo: era stata Maria ad urlare, e aveva mormorato il nome del diavolo un paio di volte prima di ritornare del tutto cosciente. A quel punto si era limitata a dire di aver avuto un incubo a causa della cena troppo pesante e aveva continuato a recitare rosari sottovoce per ore, probabilmente sperando che nessuno la sentisse. A giudicare dalle occhiaie di Beth e delle altre donne, aveva sperato invano. Dante era convinto che quella donna avesse passato tutta la sua vita a pregare senza alcun risultato. Non aveva nulla contro la religione, anzi, riteneva che il semplice atto di credere in qualcosa potesse fare bene ad alcune persone, ma se anche la donna dalla fede incrollabile non ne aveva abbastanza da dormire tranquillamente mentre gli atei e i non praticanti ci riuscivano, verosimilmente il tempo che aveva passato in chiesa non le era servito a molto. Dopo essersi passato una mano tra i capelli, Dante aprì la sua agendina e prese qualche appunto sconnesso, come aveva sempre fatto. Erano osservazioni, idee, aforismi, sviluppi di possibili trame di racconti o romanzi, qualunque cosa gli venisse in mente. Passava tempo, a volte anche mesi, prima che li riordinasse e ne tirasse fuori qualche idea effettivamente utilizzabile, e la maggior parte venivano scartati in ogni caso, ma si divertiva a rileggerle.

La vecchia fanatica inizia a vedere il diavolo. Va in giro esorcizzando gli abitanti del bar. Inizia a dire messa e a benedire tutti prima di ogni pasto. Addita macchie nel muro dicendo che si tratta ora di Gesù Cristo, ora di Satana. Oppure è davvero Satana: esiste davvero, è sceso sulla terra per diffondere il male, ha assunto le sembianze di un cane e si fa chiamare Raider-

giovedì 15 gennaio 2015

Medusa Café, capitolo 4 -
Nulla di nuovo sotto la pioggia


-Martedì, giorno 4-


<<Buongiorno a tutti, cari ascoltatori. Mi piacerebbe rallegrare la vostra giornata, sfortunatamente però non porto buone notizie. Abbiamo chiesto aggiornamenti alle autorità, ma pare che non ci siano dei veri sviluppi. La situazione è preoccupante. Sono ormai tre giorni e tre notti che la pioggia continua, e pare che non voglia smettere. Ci hanno solo ripetuto di non uscire per nessun motivo, e che stanno cercando una soluzione. Purtroppo mi dispiace dirlo, ma credo che brancolino nel buio. Spero di ricevere presto notizie migliori, nel frattempo rimanete in ascolto e NON uscite, per l’amor di Dio. Qui è tutto, vi lascio alla musica.>>

Il comunicato parve colpire gli abitanti del bar come un pugno in faccia. Quando la musica della radio era improvvisamente calata per dar posto alla voce dello speaker si erano affrettati al piano di sotto, per ascoltare cosa avesse da dire, ma la notizia era solo riuscita a dare l’ennesimo duro colpo alle loro speranze.
Sembravano più o meno tutti sconfortati. Tutti, tranne Maria. Quel giorno la signora era scesa per ultima per fare colazione. Era arrivata giusto in tempo per sentire il comunicato, ma non sembrava esserne rimasta particolarmente colpita.
Maria credeva fermamente in Dio. Maria sapeva che tutta quella situazione, per quanto potesse sembrare senza uscita, era sempre parte del piano del Signore. Maria pensava che tutto quello fosse solo una prova della loro fede, e ad essa si rimetteva, trovando la serenità.

lunedì 5 gennaio 2015

Medusa Café, capitolo 3
-Tutti gli uomini sono uguali...

-Lunedì, giorno 3-


La luce dell’alba era talmente flebile che pareva essere lì controvoglia, un po’ come tutti gli abitanti del Medusa Café. Era già la seconda mattina che si sarebbero svegliati e ritrovati lì, e proprio come quelle mattine in cui i suoni e i rumori si fanno complici del faticoso processo di apertura degli occhi, Margaret, che fu la prima a destarsi, mentre le sue ciglia sfioravano, sbattendo infastidite velocemente sopra la superficie della lente degli occhiali che aveva dimenticato di togliersi, ascoltò sempre con più attenzione l’unico rumore perpetuo che avrebbe potuto svegliarla: la pioggia torrenziale era ancora lì, come un’ entità nuova del mondo. Prima era stesa di lato su un divanetto, le due mani giunte facevano da cuscino alla testa ricca di capelli che ormai avevano perso l’ordine e il profumo di due giorni prima, poi si poggiò sul palmo della mano destra, leggermente dolorante per una frattura procurata qualche anno prima, e dopo essersi stiracchiata il collo agitandolo alla base prima a sinistra poi a destra, si abbandonò ad un sospiro che nascondeva preoccupazione. Si alzò e senza fare rumore, evitando di mettere le scarpe con i tacchi, scese le scale arrivando davanti al bancone. Tutti gli abitanti del bar erano ancora prigionieri del sonno, quindi decise di preparare del caffè. Il profumo sarebbe stata una sveglia più piacevole per tutti gli altri rispetto a quel perenne ed orribile rumore di pioggia che aveva dovuto subire lei. Mentre alzava lo sportello per passare dall’altro lato del bancone fece caso ad alcuni scatoloni di sandwich e snack letteralmente depredati e alle relative carte e confezioni in plastica lasciate a terra. La donna scosse la testa e realizzò che Cesare si stava facendo sfuggire la situazione dalle mani. Iniziò a preparare il caffè.