lunedì 5 gennaio 2015

Medusa Café, capitolo 3
-Tutti gli uomini sono uguali...

-Lunedì, giorno 3-


La luce dell’alba era talmente flebile che pareva essere lì controvoglia, un po’ come tutti gli abitanti del Medusa Café. Era già la seconda mattina che si sarebbero svegliati e ritrovati lì, e proprio come quelle mattine in cui i suoni e i rumori si fanno complici del faticoso processo di apertura degli occhi, Margaret, che fu la prima a destarsi, mentre le sue ciglia sfioravano, sbattendo infastidite velocemente sopra la superficie della lente degli occhiali che aveva dimenticato di togliersi, ascoltò sempre con più attenzione l’unico rumore perpetuo che avrebbe potuto svegliarla: la pioggia torrenziale era ancora lì, come un’ entità nuova del mondo. Prima era stesa di lato su un divanetto, le due mani giunte facevano da cuscino alla testa ricca di capelli che ormai avevano perso l’ordine e il profumo di due giorni prima, poi si poggiò sul palmo della mano destra, leggermente dolorante per una frattura procurata qualche anno prima, e dopo essersi stiracchiata il collo agitandolo alla base prima a sinistra poi a destra, si abbandonò ad un sospiro che nascondeva preoccupazione. Si alzò e senza fare rumore, evitando di mettere le scarpe con i tacchi, scese le scale arrivando davanti al bancone. Tutti gli abitanti del bar erano ancora prigionieri del sonno, quindi decise di preparare del caffè. Il profumo sarebbe stata una sveglia più piacevole per tutti gli altri rispetto a quel perenne ed orribile rumore di pioggia che aveva dovuto subire lei. Mentre alzava lo sportello per passare dall’altro lato del bancone fece caso ad alcuni scatoloni di sandwich e snack letteralmente depredati e alle relative carte e confezioni in plastica lasciate a terra. La donna scosse la testa e realizzò che Cesare si stava facendo sfuggire la situazione dalle mani. Iniziò a preparare il caffè.


…fortunatamente mio figlio ha imparato a cavarsela da solo eh sì perché quell’incompetente di C. se fosse per lui morirebbero di fame o magari avrebbe la brillante idea di andare fuori nonostante i mille avvertimenti Maggie qui Marge lì Meg sempre ad invocare il mio nome e a storpiarlo comunque non mi preoccupa W. se ne occuperà lui molto più maturo del padre io adesso devo vedere come far filare qui le cose Cesare è tutto fumo e niente arrosto sono tutti così quelli come lui certo brav’uomo sì ma ci vuole un po’ d’ordine Beth è una bella ragazza anche se fare la vita della cameriera poveraccia non capisco dovrei dirle qualcosa può migliorare ha degli occhi espressivi io non ero mica come lei è grazie a questo che ho delle mani statuarie son belle sì dico proprio che son belle ma non lo dico mica solo io mio marito sembra un ragazzino quando la mia mano d’alabastro ma calda di carne glielo tocca poi quello studente si fa per modo di dire studente che sta sempre a parlare di complotti come si chiama Marley mi pare è uno di quelli che invece di pensare a come risolvere i problemi stanno sempre ad incolpare a sputare sentenze sugli altri i politici quelli con i soldi i giornalisti la società il governo il governo il governo complotti e poi il massimo che può fare è stare a fumare marijuana imbrattare muri occupare edifici pubblici per organizzarci dentro rave party perché è così vero che si costruisce una società migliore questa è solo una subcultura di tendenza della ribellione sono ragazzini più rassegnati di quelli della mia generazione eh sì…


Gettò un’occhiata fugace alla porta dell’ufficio di Cesare: era ancora chiusa. Quando il caffè fu pronto lo sorbì in silenzio con il rumore di pioggia come sottofondo, un rumore che iniziava a guadagnarsi un grado di familiarità sempre più alto, tanto da sembrare una sinfonia.
Era poggiata su uno sgabello con le gambe incrociate e spostava lentamente il suo sguardo da Ulisse passando per Dante e arrivando a Beth. Tutti si erano rimediati come potevano un posto su qualche divanetto per riposare, come anche al piano di sopra, ma senza alcun criterio. C’erano innumerevoli posti inutilizzati a disposizione e se lo si fosse fatto notare avrebbero potuto dormire meglio, pensava Margaret. Le scale vibrarono sommessamente sotto i passi di due gambe femminili, che con il loro avanzare rivelarono l’intera figura di Lucrezia, la studentessa. Margaret le porse un accenno di sorriso, al quale la ragazza rispose con uno sbadiglio. Lucrezia prese posto su uno sgabello accanto a Margaret,  con una esile e tonica gamba penzoloni che oscillava abbandonata alla forza di gravità, come se stesse aspettando che qualcuno le servisse il caffè. Notando che la cosa non aveva alcuna intenzione di realizzarsi, si voltò e frugò all’interno di uno scatolone trovando la familiare confezione dorata: era uno snack che scartò e mangiò con compiacimento, sembrava che per lei fosse un piacevole ricordo d’infanzia di quelli che accompagnano una vita.
Margaret la guardava indispettita, avrebbe voluto dirle qualcosa sull’evitare gli sprechi di cibo, ma sapeva che non si trovava di fronte ai suoi alunni, figurarsi se una ragazza come quella avesse ascoltato i suoi consigli.
“Cesare dorme ancora, e fuori piove” le dichiarò finendo le ultime gocce di caffè.
“Lo noto. Cos’era, una didascalia?” le rispose Lucrezia annoiata.
Margaret inarcò un sopracciglio e sospirò, quindi guardò la porta che dava nell’ufficio di Cesare, la quale proprio in quel momento, come se quell’occhiata avesse premuto un pulsante, si aprì lentamente.
“Buongiorno, signore. Si fa per dire buon, ovviamente. Gradite caffè?” disse Cesare con gli occhi ancora assonnati dirigendosi verso la macchina del caffè. Parve notare anche lui che il bar stesse diventando un porcile, ma a Margaret sembrò che avesse fretta di nascondere il proprio disappunto con vergogna.
“Che bello! Volentieri, macchiato e zucchero di canna” rispose Lucrezia come se avesse avuto un regalo speciale.
“Certo, agli ordini signorina” disse sarcasticamente il gestore del bar. “Scommetto che ti potrei assumere per un periodo di prova, mentre siamo chiusi qui dentro” continuò forzando un sorriso.
Margaret si fece scappare una risata, che prontamente nascose dietro la mano destra. Lucrezia comprese la battuta, ma finse di non aver capito dicendo ad entrambi con un sorriso a trecentosessanta gradi “Ma volentieri! Mi servirebbe un lavoretto, sapete, per pagarmi gli studi” si interruppe per aprire un altro snack poi riprese, “settimana di prova pagata, vero?”  concluse mordendo il biscotto avvolto dalla cioccolata.
“Potresti iniziare evitando di buttare le cartacce sul pavimento, o magari, iniziando a dare una pulita, no?” disse fermamente Beth che si era svegliata qualche minuto prima. Ci furono una manciata di secondi di silenzio, durante i quali una sensazione di disagio scorse nelle membra dei presenti. Cesare dopo essersi voltato verso Beth ritornò a prestare attenzione al caffè, Lucrezia si voltò con gli occhi socchiusi e le labbra leggermente schiuse e fissò con insistenza la cameriera, Margaret decise di intervenire.
“Dobbiamo accendere la radio, magari hanno nuove indicazioni da darci, forse è il momento che si sveglino tutti”, disse alzandosi dallo sgabello.
Proprio in quel momento udirono qualcuno scendere le scale: era Adam che si era mosso per portare la colazione alla moglie che riposava ancora di sopra. Nel giro di qualche secondo si destarono  anche Ulisse e Dante, che stanziando di sotto erano stati disturbati da quello scambio di battute aspre.
“Margaret, il telecomando è lì vicino alle bustine di zucchero” disse Cesare senza distogliere l’attenzione dalla macchina del caffè, “speriamo che abbiano scoperto qualcosa”.
Margaret trovò facilmente il telecomando e accese la radio, nel  frattempo Beth aveva iniziato a spazzare nei pressi del bancone, Adam le chiese se avesse bisogno di aiuto, ma la ragazza scosse la testa indicando il caffè. Gli altri si avvicinarono al bancone per iniziare la colazione. Lancelot, Madeleine e Cicerone scesero le scale proprio nel momento in cui Margaret aveva acceso la radio.
<<Un nuovo giorno di pioggia è iniziato. Pare che dovremmo darvi il buongiorno così per non si sa quanti giorni ancora, cari ascoltatori. Riceviamo giornalmente comunicati dal governo nei quali tutti quanti siamo invitati a mantenere la calma e restare ancora al chiuso. Purtroppo non abbiamo notizie per quanto ancora durerà questo fenomeno inspiegabile. Sono certo che molti di voi staranno in condizioni migliori delle nostre perché, sapete, qui il cibo inizia a scarseggiare. Proviamo a non disperare e  ad essere al vostro servizio per qualunque aggiornamento. Adesso vi lascio all’ascolto di un pezzo per nostalgici!>>


…cos’è non ridi più la suadente voce isolata nella pioggia se la sta facendo nelle mutande ci mancava soltanto una comunicazione inutile come questa bisogna fare qualcosa quella ragazzina lì Lucrezia solo il nome è un programma deve capire che bisogna essere responsabili forse non l’è chiara la gravità della situazione quelle come lei lo so come fanno iniziano a fare pompini nei bagni delle scuole per essere accettate e poi pensano che così si va avanti eh no cara mia è con questa è con questa è come ragioni con questa che ti rende emancipata quel tipo lì invece Cicerone mi sembra uno sveglio con lui magari riesco a convincere Cesare quei due che dormivano qui di sotto sembra che stiano a godersi uno spettacolino che diavolo che caccino un po’ di personalità oh bello cane vieni qui fatti accarezzare tu sei quello più educato qui dentro lo so ma hai bisogno di qualche regoletta anche tu lo dico per il tuo bene bisogna creare un po’ di equità ora basta guardali già iniziano a perdere la pazienza come se fosse colpa di qualcuno che bisogno c’è di perdere la calma io non lo so che grande uomo quello che viene a prendere la colazione a sua moglie manco fosse una regina e poi perde la calma al primo pericolo annunciato adesso è venuto il momento di fare qualcosa sì adesso avvicinati a Cesare ma magari anche Cicerone Beth non so vediamo basta parlarne andare oltre…


Margaret abbassò il volume della radio e notò scoraggiamento negli abitanti del bar. Adam stava perdendo la pazienza, aveva provato ad utilizzare per l’ennesima volta il cellulare senza riuscirci per poi rendersi conto che con i continui tentativi l’aveva scaricato completamente, quindi per la rabbia l’aveva scagliato contro il muro, sfiorando Cicerone. Era intervenuto Ulisse dicendo di calmarsi, che avrebbe potuto colpire il ragazzo in un occhio. Adam per risposta rise e iniziò a prendere in giro Ulisse per il suo accento.
“Certo, certo lo accecco. Ti potevo acceccare Cicerone, eh? Scussami” disse l’uomo continuando a sghignazzare.
Lucrezia rise sotto i baffi,  quella risata seminascosta sembrava studiata, come se non avesse ancora capito da che parte schierarsi. Ulisse scoraggiato abbassò le braccia che stava agitando lasciandole distendere ai fianchi e riprese posto con la testa china sopra un divanetto.
“Chiariamo una cosa” disse Cesare con un tono profondo della voce, “finché siamo nel mio bar nessuno offende gratuitamente nessun altro e soprattutto” si interruppe fissando a lungo Adam con autorevolezza, “ non si perde la calma, non si lanciano oggetti, non si discute”.
Dopo questo breve momento di tensione le persone ritornarono alla calma e ormai erano svegli quasi tutti. Eva era scesa dal piano di sopra con Maria poco dopo che il marito era stato ripreso da Cesare e assunse un atteggiamento distante nei suoi confronti per l’intera mattinata. Margaret continuò ad osservare gli abitanti del bar agire per le ore successive e fece caso al fatto che tutti mangiavano quando volevano e quanto volevano senza avere degli orari. Il cibo si stava sprecando senza un criterio ed un ordine. Raggiunse il massimo dell’esasperazione mentale per tutto il disordine che si stava creando quando Marley, che si era svegliato per ultimo, scese al piano di sotto e decise di mangiare dei gelati, ignorando i croissant che stavano per andare a male. A quel punto la donna si decise a prendere da parte Cesare e riferirgli quello che pensava. Entrarono nell’ufficio e si chiusero la porta dietro le spalle.
“Cesare, la situazione potrebbe sfuggire di mano da un momento all’altro. Spero che te ne stia rendendo conto”.
“Margaret, per quanto potrà piovere ancora?  Non preoccuparti, staranno buoni”.
L’insegnante incrociò le braccia e poggiò il peso del corpo su una gamba, quindi fissò silente il gestore del Medusa Café. Quando aprì la bocca per riprendere parola, la porta si aprì e comparve Beth con Cicerone subito dietro. Cesare guardò infastidito il ragazzo, che percependo il malumore del proprietario del bar si fermò sull’uscio ponendo le braccia in alto, come se si fosse trovato davanti ad un agente di polizia armato. Margaret decise di intervenire facendo cenno a Cicerone di avanzare quindi si rivolse alla cameriera.
“Beth, avvicinatevi, ma chiudi la porta, dobbiamo parlare di una questione importante”.
Beth e Cicerone obbedirono e si posizionarono al fianco destro di Cesare, mentre l’insegnante era di fronte.
“Mi sento libera di parlare con voi e di esporvi le mie preoccupazioni, perché mi sembrate le persone più responsabili qui dentro, inoltre credo che Cesare abbia il diritto oltre che il dovere di avere l’ultima parola su tutto” disse la donna, ponendosi nei loro confronti come se stesse tenendo un consiglio di classe.
“Credo di capire cosa intende, signora” disse Cicerone con lentezza.
“Chiamami Margaret, per piacere”.
“Insomma, che devi dirmi Margaret? Non perdiamo tempo!” disse sbuffando il gestore del bar.
“Ecco, il tempo che passa! E’ questa la questione principale. Spero che abbiate inteso che il rischio di restare qui chissà quanto tempo è molto alto. Anzi oserei dire che per quanto ne sappiamo se la pioggia continua da tre giorni può continuare per sette, dieci, venti giorni ancora”.
Beth l’ascoltava in silenzio e gradualmente i suoi occhi assumevano un’espressione preoccupata. Cesare sembrava impassibile. Cicerone sfiorava l’inespressività.
“Tutti qui dentro hanno il diritto di trovare riparo e di sopravvivere, e per assicurare questo diritto bisogna responsabilizzare le persone con delle regole. Siamo stati fortunati a rimanere chiusi in un bar, abbiamo una dispensa che ci può assicurare la sopravvivenza per molto tempo”.
Si interruppe quindi abbassò lo sguardo per qualche istante, poi lo rialzò notando i tre spettatori ancora in silenzio.
“Dobbiamo consumare prima il cibo non confezionato” disse a bruciapelo Cicerone, “ prima che vada completamente a male”.
“Ecco, inoltre credo che dovremmo fissare degli orari per la colazione, il pranzo e la cena” continuò Margaret con energia, “Per esempio, il tuo amico Marley, così si chiama, giusto? Sarebbe ora che capisse come si vive in gruppo” concluse.
Cicerone sorrise imbarazzato.
“Capisco quello che dite, probabilmente è l’unico modo per evitare litigi in futuro. Quindi anche razioni di cibo uguali per tutti, bevande alcoliche concesse limitatamente e-“ iniziò Cesare accarezzandosi la barba non fatta che iniziava  a prudergli.
“E a questo punto caro capo” lo interruppe Beth soddisfatta di quello che stava per dire, “ direi che se tutti quanti siamo uguali, ognuno dovrà impegnarsi a tenere pulito il bar, dobbiamo introdurre una sorta di autogestione”.
“Siamo d’accordo su tutto Beth” disse Margaret sorridendo alla ragazza, “ma non dobbiamo dimenticare un punto fondamentale”.
Cicerone accennò ad un risata sbuffando dalle narici quindi anticipò l’insegnante dicendo che c’era bisogno di un leader forte affinché queste regole potessero essere legittimate. Tutti guardarono Cesare.
“Capo, è giusto che sia tu a dettare legge nel tuo bar”, gli disse con leggerezza la cameriera.
“Sappi che noi  ti aiuteremo, l’unica cosa che devi fare è essere una roccia, devi imporre quest’ordine, altrimenti rischiamo di ucciderci a vicenda se non smette di piovere al più presto” disse Margaret con un’espressione supplicante disegnata sul viso.
Cesare rifletté per un minuto in silenzio, quindi accettò di prendersi carico della situazione. I tre provarono sollievo alla sua decisione, quindi uscirono dall’ufficio. Cesare prese un bicchiere e ticchettando con un cucchiaio richiamò l’attenzione di tutti. Raider abbaiò e in due salti si lanciò sulle gambe di Beth scodinzolando giocosamente. Tutti gli altri si radunarono davanti al bancone, dietro al quale vi era Cesare. Margaret, Beth e Cicerone erano rimasti davanti alla porta dell’ufficio.
Finalmente Cesare stava mostrando carattere, e gli abitanti del Medusa Café, nessuno escluso, lo ascoltarono senza interromperlo. Da quel momento i pasti sarebbero stati razionati equamente e avrebbero avuto a disposizione un’ora per consumarli tre volte al giorno. Prima di iniziare a sprecare cibi confezionati, avrebbero dovuto consumare al più presto quelli freschi come i croissant, le ciambelle, le pizzette, i sandwich, la pasta, il cous cous e la carne. Nessuno al Medusa Café da quel momento in poi avrebbe servito nessun altro, tutti avrebbero servito la comunità del bar e la prima cosa da considerare doveva essere la pulizia del locale. I posti per dormire sarebbero stati assegnati e poiché due degli abitanti erano una coppia sposata, avrebbero potuto dormire nel retro del furgone, così da avere più intimità e allo stesso tempo lasciare  più spazio all’interno del locale. Al piano di sotto da quel momento in poi avrebbero dormito gli uomini, mentre le donne avrebbero preso posto al piano di sopra. Cesare avrebbe continuato a dormire nel suo ufficio, ma poiché era anche l’unica via di accesso alla dispensa, per fugare ogni dubbio sulla possibilità che avrebbe avuto lui di rubare del cibo, avrebbe lasciato la porta della dispensa chiusa, affidando la chiave a qualcun altro.


Margaret assunse un’espressione compiaciuta. Vagliò gli abitanti del bar, da che erano disposti in un semicerchio davanti al bancone, da destra a sinistra: alcuni di loro, come Adam, Dante, Eva e Maria, sembravano rassicurati dalle parole di Cesare, infatti avevano il viso più disteso, altri, come Lancelot, Madeleine e Ulisse, davano l’idea di essere indifferenti alla cosa. Marley e Lucrezia, invece erano palesemente contrariati dalle parole di Cesare.
“Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Abuso di potere, complimenti Cesare! Come se noi volessimo stare qui dentro, e ora non posso neanche svegliarmi quando mi pare” disse Marley con un sorriso polemico stampato in faccia.
Lucrezia rise e fissò intensamente Margaret  con odio. L’insegnante sostenne lo sguardo, non era affatto intimorita dalla ragazza.
“Marley, è l’unico modo per mantenere l’ordine, abbi pazienza” gli disse benevolmente Cicerone.
“Siamo tutti creature di Dio qui dentro, ed è giusto che ci impegniamo tutti per mantenere la pace” disse Maria.
“Sì, certo, certo” rispose Marley scuotendo la testa.
“Benissimo” disse riprendendo parola Cesare, “ci sono dei volontari per il primo giorno di pulizie? Abbiamo bisogno di tre persone: una che si occupi del piano di sopra, una di quello di sotto e del bancone, e un’altra del bagno”.
Lucrezia continuava a far pesare il suo sguardo su Margaret, ma l’insegnante non cedeva, nonostante iniziasse ad infastidirsi. Per un secondo, senza capire come, sentì di cedere e chinare il capo. Proprio in quel frangente Lucrezia sorrise e in silenzio alzò la mano.
“Permettetemi di occuparmi del piano di sotto e del bancone per oggi, e poi Cesare devo fare la settimana di prova, no?” disse iniziando con fermezza, rendendo gradualmente il suo tono di voce sempre più acuto e scherzoso, per poi lasciarsi andare ad un occhiolino. Si alzarono altre due mani: una era Madeleine e l’altro Adam che subito intervenne dicendo che avrebbe voluto pulire i bagni.
“Perfetto” disse Cesare con tranquillità, “tutto quello che vi serve per pulire è nella dispensa, vi consiglio di iniziare prima che ritorni il buio, è già quasi sera”.


L’assemblea si sciolse, e prima che Adam si preparasse a pulire i bagni si avvicinò a capo chino ad Ulisse porgendogli la mano in segno di pace. Ulisse senza esitare ricambiò alla stretta di mano. Lucrezia si diresse saltellando verso le dispensa e come una bambina fece per rimboccarsi le maniche e mimò la contrazione di un bicipite, proprio come fanno i body builder alle esposizioni internazionali. Cicerone rise, quindi lei prese a camminare marciando. Passando davanti a Margaret, ma rivolgendosi a Cicerone, disse che il lavoro le avrebbe tenuto tutti i muscoli del corpo in allenamento, e che proprio lei che era giovane avrebbe dovuto farlo. Margaret, capendo che era una battuta detta per ferirla, si allontanò da lì, salendo al piano di sopra.
La sera era ormai giunta e nei pressi del balconcino c’erano Marley, Lancelot e Beth in compagnia del cane. La finestra era socchiusa, quando Margaret si avvicinò al gruppetto. Raider corse via al piano di sotto, quindi Marley cacciò dalla tasca dei pantaloni un pacchetto con dentro della marijuana e l’occorrente per rollare.
“Siamo d’accordo che con un nuovo potente, in un nuovo mondo ci siano delle nuove leggi” disse ridacchiando Marley, “chi fuma con me, belli? E non guardarmi così Maggie”.
“Non mi pare che ti abbia mai dato il permesso di chiamarmi-“
“Non mi pare che ti abbia dato il permesso di chiamarmi signorina Rottermeier” la canzonò Marley.
Margaret socchiuse le palpebre e scosse la testa. Beth e Lancelot sorrisero.
“Su, mister, lo so che voi colletti-bianchi del nuovo millennio vi fate quello che vi pare” disse rivolgendosi a Lancelot e facendogli l’occhiolino, “ e tu, perdonami ma non credo di essermi mai presentato”, concluse porgendo la mano a Beth. I tre iniziarono a fumare.


…signorina Rottermeier a me ma tu che ne sai viziatello figlio di papà che ti mascheri da straccione perché solo nei subalterni puoi primeggiare tu che ne sai quello che facevo io all’età tua e di quell’altra sciacquetta da quattro soldi il sesso ai miei tempi era davvero libero non importava dove e come era il piacere e basta con la musica dance come colonna sonora i figli delle stelle voi vi dovreste chiamare figli della pioggia sì sarebbe perfetto non meriterebbero niente e ora che vuole quella ragazzina non doveva pulire al piano di sotto mi porta una limonata grazie sicuramente ci hai sputato dentro è inutile che continui a fissarmi ho capito che ce l’hai con me Lucrezia è inutile non mi fai paura ti tengo d’occhio con il tuo nome da troietta non mi fai paura ora sei tu che sottostai alle mie regole sì...


Dopo averle servito la bevanda, Lucrezia si avvicinò a Marley che continuava a fumare la canna ormai da solo. I due giovani si scambiarono qualche battuta sottovoce, intervallate dalle risate piene di Lucrezia. La ragazza accettò di fare qualche tiro. Mentre i due fumavano si fecero gradualmente più seri e, parlando a bassa voce, sembrava si stessero scambiando informazioni riservate. A Margaret non la contavano giusta, era sicura che stessero parlando di lei e che Lucrezia avrebbe coltivato il superficiale rancore di Marley nei suoi confronti per metterla in cattiva luce agli occhi di tutti. A un certo punto le parve che i due ragazzi l’avessero fissata per qualche secondo di troppo. Marley sorrise e scuotendo la testa spostò lo sguardo su Lucrezia. Adesso era palesemente impegnato a far interessare la ragazza. Probabilmente Margaret stava viaggiando troppo con la fantasia, in fondo erano solo dei ragazzini.

Quella sera si addormentarono tutti relativamente presto. Era stata una giornata difficile e la pioggia non accennava minimamente a smettere, ma almeno da quel momento in poi sarebbero stati tutti uguali.

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