martedì 2 giugno 2015

Medusa Café, capitolo 15 -
La fine giustifica i mezzi

"Lucrezia ha detto che l'hai coperta."
"Non mi sembra che Lucrezia si sia dimostrata una persona affidabile finora."
"Sentiamo, chi sarebbe stato affidabile fino ad oggi, tu, Lancelot?"
"Nessuno è perfetto, ma non ho mai fatto del male a nessuno. Ho cercato sempre di rimediare agli errori degli altri."
"Lo so perché l'hai fatto."
"Credo che tu stia delirando."
"Io credo che per colpa tua siano morte due persone."
"Devo essere un mago se non ho neanche bisogno di toccarle le persone. Per piacere, Beth."
"Ti sei servito di una persona instabile mentalmente per uccidere Adam. E solo perché lui ti aveva sconfitto. Aveva quello che tu non hai potuto avere. Probabilmente consideravi Adam un mediocre, eppure non sei riuscito a digerire il fatto che non lo fosse per Eva. L'unico modo per vincere era colpirlo alle spalle, silenziosamente e spegnerlo per sempre. Sei disonesto."
Lancelot tacque per circa un minuto. Beth respirava appena, non era mai stata così calma.
"Hai una visione un po' distorta delle cose. Ti sbagli quando dici che sono disonesto. Mettiamo caso che quello che stai dicendo sia vero: io ho vinto, questo conta. La verità è che tu sei un'ipocrita perché ti fai portatrice di virtù, quando in realtà sei solo interessata ad imporre il tuo modo di vedere il mondo. Non ce la fai, hai bisogno di vincere. Tutti mentiamo. L'unica differenza tra me e te è che io non mento a me stesso, tu invece l'hai sempre fatto."
Beth fece un tiro di sigaretta, sorrise e poi disse calma: “Credo che sia il caso di parlare con Eva.”
“Cosa ci guadagnersti, Beth?”
“A te cosa importa? Tu non sei interessato a quello che pensano gli altri. Neanche di lei te ne frega.”
“Non parlare di cose che non conosci.”
“Sai una cosa? Pensandoci, in realtà non ci perderei proprio niente.”
“È distrutta, le faresti solo male parlandole.”
“Questo non ti riguarda più. C’è solo da guadagnarci.”
Beth fece bruciare l’ultima parte della sigaretta: sentì l’assenza di sapore del filtro. Pose il mozzicone sull’unghia dell’indice e lo trattenne qualche secondo sotto la pressione del pollice. Mirò al di là dell’uscio della porta e lanciò il mozzicone sotto la pioggia. Il suo sguardo incontrò quello di Lancelot, che per un attimo si spense. Non c’era più nient’altro da decretare. Lo spinse con tutta la sua forza. Lancelot perse l’equilibrio e cadde sotto la pioggia.



***

-Venerdì, giorno 14-

Quella mattina Beth si era svegliata di soprassalto. Non ricordava più l’incubo che aveva avuto fino a qualche secondo prima. Doveva essere stato orribile: le mancava il respiro, boccheggiava come un pesce appena tirato fuori dall’acqua. La pioggia era sempre lì e Beth nel realizzarlo provò una sensazione sgradevole. Ciò che la inquietava di più era che quel sogno avrebbe potuto anche essere sereno e pacificatorio sereno e pacificatorio, ma allo stesso tempo talmente liberatorio e lontano dalla realtà che avrebbe perso il suo valore di speranza in favore della devastante realizzazione di quanto la vita fosse diventata una merda.
“Tutto bene, Beth?” le chiese Dante accomodandosi sul bordo del divanetto e porgendole un bicchiere d’acqua. La ragazza alzò lo sguardo verso lo scrittore e dopo un sospiro profondo mosse il capo in segno di assenso. Dal primo giorno in cui erano rimasti chiusi all’interno del Medusa Café, Beth non aveva mai stimato Dante quanto negli ultimi due giorni. Le persone come lui e Ulisse le riteneva pavide e senza spina dorsale: non si erano mai schierati con nessuna fazione, né avevano mai deciso di prendere una terza via. Era come se la cosa non li riguardasse, almeno finché la situazione non era tracollata completamente. Con molte probabilità se non fossero stati in disparte per tutti quei giorni, non avrebbero avuto abbastanza forze per prendere in mano la situazione, cosa che invece avevano fatto piuttosto bene.
Il piano di sotto del Medusa Café sembrava un ospedale da campo o più appropriatamente un inferno dantesco: la giovane Lucrezia, come se fosse legata da corde immaginarie, era raggomitolata e si lamentava sommessamente da giorno a sera inoltrata; il fiero Cicerone, legato alla sua sedia, sudicio di sangue secco  e con qualche dente in meno, non faceva altro che ripetere la stessa litania composta di versi incomprensibili per farsi liberare; Maria pareva essersi isolata in preghiera per espiare qualche colpa non definita; Eva e Lancelot come un Paolo e una Francesca moderni si consolavano di un’inopportuna vicinanza fisica. Ulisse era il guardiano di queste anime dannate, e incorruttibile si impegnava nel suo ruolo.
La situazione al piano di sopra era un po’ più rosea, tuttavia la speranza e il buon umore erano scomparsi e Dante sembrava l’unico a mantenere il sangue freddo.
Beth si alzò e andò in bagno a lavarsi la faccia. L’igiene si era rivelata essere dal primo momento uno dei principali problemi della permanenza forzata nel bar. L’idea di indossare per due settimane sempre gli stessi vestiti, che ormai iniziavano ad emanare cattivi odori, non riusciva proprio ad accettarla, nonostante il fatto che tutti si trovassero nella stessa situazione e che proprio per questo nessuno sarebbe dovuto essere a disagio. Si guardò allo specchio e si osservò per la prima volta nelle ultime due settimane, era stata troppo impegnata a dedicare attenzione ai fatti del bar, a giudicare le altre persone, e ne era sempre uscita sconfitta. Era come se per la prima volta dopo tanto tempo si stesse sottoponendo a un giudizio, il suo stesso giudizio, senz’altro quello più severo.
Beth, la protettrice dei più deboli. L’unica donna con dei forti valori etici, colei che non aveva mai ceduto alla corruzione dilagante. Beth, l’unico essere umano di quel piccolo mondo che la speranza ancora non ha smarrita. Un’eroina che avrebbe voluto avere qualcuno con cui sfogarsi, confessare che anche le eroine hanno paura di cedere al peccato e di morire. In quel piccolo mondo, un bar in decadenza, non c’era nessuno che potesse sostenerla, doveva contare sulle sue sole forze. Il coraggio è il primo e forse l’unico valore che determina l’eroicità di qualcuno, e Beth sapeva precisamente cosa avrebbe dovuto fare. Essere coraggiosi è una qualità che viene identificata relativamente alle situazioni, in quanto tale è totalmente soggettiva. Tutti lo sono e nessuno lo è realmente, pensava Beth, doveva soltanto decidersi a fare quello che aveva paura di fare. Era stato facile opporsi a tutti quelli che prendevano decisioni irragionevoli, difendere a spada tratta l’umanità del sostegno reciproco, ma nel concreto cosa aveva fatto di rilevante? Erano morte delle persone, il lato oscuro degli uomini aveva preso il sopravvento e lei non aveva combattuto abbastanza.
Era uscita dal bagno quando un pensiero tornò a tormentarla. Quello che Lucrezia le aveva detto su Lancelot erano parole confuse che non dimostravano nulla, eppure quell’uomo non le era mai piaciuto e il suo istinto difficilmente falliva.

Perché Lancelot avrebbe dovuto coprire Lucrezia nella sua battaglia contro Margaret e Cesare?

La vicenda: Lucrezia avrebbe preso del cibo dalla dispensa intenzionata a utilizzarlo per incastrare Margaret. Lancelot trovandosi sveglio l’avrebbe vista e per un motivo ignoto avrebbe deciso di tenere il segreto.

Il movente:
- Lancelot sarebbe stato interessato a destabilizzare il potere e prendere una posizione rilevante per le decisioni all’interno del bar. Opzione che non funziona dal momento che Lancelot non ha mai fatto nulla per ottenere potere.
- Lancelot avrebbe voluto tenere sotto ricatto Lucrezia, per un’ossessione erotica nei suoi confronti. In realtà la spiava da mesi e adesso che ne aveva la possibilità avrebbe potuto esercitare del potere nei suoi confronti, cosa che lo eccitava sessualmente. Opzione decisamente grottesca, anche se oggettivamente plausibile: Lancelot era probabilmente l’unico a non aver mai ceduto psicologicamente; certo, anche Dante e Ulisse non si erano comportati molto diversamente, ma almeno adesso si erano caricati delle loro responsabilità. E poi c’era quel suo improvviso attaccamento ad Eva che dava parecchio da pensare.

Conclusioni: Lancelot è stato l’unico che non si è mai esposto tra gli abitanti né per il bene né per il male, l’unico che non ha mai voluto far pesare la propria opinione. Tutto sommato non si può incolpare una persona per la sua totale neutralità.

“Maggie, posso parlarti?”
“Di cosa vuoi parlare, Beth? Personalmente preferirei starmene un po’ per conto mio”, le rispose l’insegnante con poca carica. Era seduta sul suo divanetto, intenta a strofinare la pelle delle sue scarpe con il tacco. Ormai erano giorni che non parlavano più, o meglio, erano giorni che Margaret quasi non rivolgeva la parola a nessuno se non quando era strettamente necessario. Beth si avvicinò timidamente con il capo chino, quindi prese posto accanto alla donna.
“Ecco, penso che tu debba sapere delle informazioni di cui sono venuta a conoscenza ieri” esordì Beth giocherellando nervosamente con uno dei suoi braccialetti, “e tra l’altro credo che io ti debba delle scuse, come tutti gli altri.”
Margaret continuò a strofinare con cura la scarpa, né la sfiorò l’idea di sollevare lo sguardo verso la giovane cameriera. Beth cercò di posarle una mano sulla spalla, ma fu respinta subito.
“Preferirei che tu non mi toccassi.”
“Maggie, io ti ho difesa finché ho potuto. Non ho mai creduto che fossi stata tu a rubare.”
“Eppure mi hai lasciato chiudere lì dentro. Per piacere Beth, almeno risparmiati le belle parole, ché lo hanno capito tutti che sei più brava a parlare che a fare” le rispose a bruciapelo la donna.
Beth si sentì ferita. Aveva davvero solo urlato al vento? Come biasimare Margaret? La realtà parlava più chiaro di lei stessa. La ragazza sospirò e si fece coraggio.
“Lucrezia mi ha confessato che è stata lei a incastrarti, poi c’è stato l’imprevisto con Madeleine, ma l’obiettivo di Lucrezia era screditarti” disse d’un fiato Beth.
Margaret si fermò per qualche secondo, poi si lasciò andare ad una risata lenta e amara. Disse: “Sai, non me ne frega più niente, e poi non mi hai detto nulla che già non sapessi. Ormai anche quella stupida ragazzina viziata sta ricevendo la sua punizione.”
Beth la guardò con in viso dipinta un’espressione preoccupata, poi le si rivolse sussurrando: “Mi ha detto anche che Lancelot l’ha sempre saputo, ma l’ha coperta. Certo, potrebbe esserselo inventato, ma non avrebbe avuto motivo di concepire una storia del genere.”
Margaret era completamente disinteressata alle parole di Beth. Dopo aver finito di lucidare le scarpe aveva preso a lucidare i suoi orecchini.
“Forse voleva svuotarsi le palle, e ha trovato come convincerla a farlo. Tutti gli uomini fanno così, finché ci sono in giro troiette come Lucrezia, no?” disse con cattiveria l’insegnante.
“È possibile, ma Lancelot non mi sembra quel tipo di persona. Deve esserci qualcos’altro, se poi pensi a come si sta dedicando ad Eva, con tutte-“ disse Beth prima di essere interrotta da Margaret.
“Eccola qui! Ci mancava un investigatore qui dentro. Ora sì che rispettiamo tutti i cliché. Fammi un favore Beth, vattene al diavolo tu e i tuoi giochini da Sherlock Holmes” terminò animatamente Margaret indicando con la mano aperta le scale che portavano al piano di sotto.
Beth sospirò, quindi esitò per un attimo per poi allontanarsi dall’amica che aveva ormai perso.

Perché Lancelot ha coperto Lucrezia?

Osservazioni: La domanda era da riformulare. Lancelot non è un maniaco sessuale, è sempre stato gentile con tutte le donne del Medusa Café, e ha dimostrato particolare affetto per Eva. Lancelot non è interessato al potere, non ha mai preso una decisione, né si è mai proposto per gestire le faccende del bar. Tuttavia Lancelot è stato tra i primi a condannare il gesto di Margaret, e a sottolineare che fosse necessaria una punizione. La detenzione nel furgone. Il furgone: prima nido d’amore, poi cella d’isolamento. Infine il gazebo non sostiene la pesantezza dell’acqua e il furgone non esiste più per gli abitanti del Medusa Café. Probabilmente Lancelot voleva che nessuno rimanesse nel furgone. Perché?
Lancelot ha sempre sostenuto gli organizzatori, non si è mai ribellato. Tipico di chi gestisce i mezzi massmediatici. Eppure c’è sempre un tornaconto per i compromessi che si prendono con il potere. Lancelot ha sostenuto Cesare e l’ha abbandonato subito nel momento di fragilità. Cicerone si è fatto la strada da solo e con il sostegno di Marley. Lancelot pensava che fosse giusto insediare anche Adam per la sua esperienza come dirigente. Adam, quello che dormiva nel furgone, prima che diventasse irraggiungibile. Ci dormiva con sua moglie che adesso è tra le braccia di Lancelot.

Il movente:
- Lancelot ha coperto Lucrezia perché gli faceva comodo che Adam ed Eva non fossero vicini; la destabilizzazione di Cesare gli ha dato modo di mettere Adam in una posizione con più responsabilità e più in vista. Adam perde la vita per mano di una psicopatica. Eva cade tra le braccia di Lancelot.
Conclusione: Non ci sono prove, sono solo supposizioni a tratti poco credibili.

Beth guardava fuori dalla finestra la pioggia torrenziale che non accennava a prendersi una pausa. Nell’ultima ora era scesa al piano di sotto per preparare del caffè e aveva parlato con Ulisse. La situazione era stazionaria e gli abitanti del piano di sotto del Medusa Café erano psicologicamente spenti. Le parole erano diventate rare, sostituite da lamenti, cantilene monotone, nel migliore dei casi carezze e baci che asciugavano lacrime svuotate di qualunque sentimento. Ulisse manteneva una sottospecie di umana dignità, ma conversare non era mai stata una sua passione, quindi Beth abbandonò l’inferno dantesco alla ricerca di un po’ di tranquillità al piano di sopra.
“Che si dice?” disse avvicinandosi a Marley che era intento a mischiare un mazzo di carte francesi. Gli accarezzò il collo con delicatezza: da quando la situazione era degenerata Beth aveva capito che Marley era una persona buona che aveva soltanto bisogno di amore, e anche lei, da quando era costretta in quel piccolo locale, aveva iniziato a sentire una mancanza da colmare . L’annientamento della speranza di libertà imposto dalla forza della natura aveva ristabilito un nuovo mondo che più che mai aveva bisogno dei sentimenti per continuare ad essere un mondo umano.
“Io e Dante stiamo giocando a poker, vuoi entrare?”
“Devi avere almeno due sigarette però, altrimenti non giochi!” disse Dante sorridendo.
“A me non ne sono rimaste molte, ma se vuoi te ne cedo un paio. Dai che ti stracciamo, Dostoevskij dei poveri!” aggiunse Marley mantenendo l’atmosfera leggera.
Beth sorrise e rifiutò l’offerta, proponendosi soltanto di assistere alla partita, che a quanto pareva vedeva Dante in vantaggio di sette sigarette contro le cinque di Marley. Le carte furono distribuite e Marley ottenne  un’ottima mano: Asso di cuori e Re di picche. Dante coprì il big blind di Marley con la seconda sigaretta. Al flop uscirono carte poco utili a Marley: un sei, un due e un quattro. Beth notò che Dante non sembrava soddisfatto poiché fece check. Marley non ne approfittò seguendolo nel check. Era possibile che Dante stesse bluffando per verificare che carte potesse avere Marley. Venne il momento del turn, la quarta carta a terra: era un asso di fiori. Dante respirò e fissò negli occhi Marley, che era immobile, troppo emozionato dalla possibilità di vincere. Beth quasi sentiva il battito come un tamburo del cuore del giovane. Dopo circa un minuto Dante si espresse: “All in.”
La situazione poteva degenerare. Marley aveva un’ottima mano e, se Dante stava bluffando, una buona possibilità di vincere. Eppure in una situazione del genere si perdono tutte le certezze, Marley si stava giocando la possibilità di continuare a giocare, oltre che le ultime sigarette rimaste, ormai soltanto due. Dante poteva aver avuto una coppia di assi dall’inizio, ma non l’avrebbe mostrata per mettere spalle al muro Marley, e quindi vincere con un tris di Assi. O peggio, Dante aveva una coppia di sei. Non si rischia per una coppia di sei. Probabilmente stava bluffando. Marley avrebbe dovuto rispondere all’ “all in”, per scoprire tutte le strategie. Beth sentiva che Marley avrebbe potuto vincere, non sapeva perché, ma ne aveva la certezza. Come se Marley avesse ascoltato telepaticamente la ragazza, rispose a Dante: “All in.”
I due si guardarono, poi sorrisero.
Beth disse: “Mettete le carte a terra.”
I due giocatori lo fecero contemporaneamente. Marley scoprì il suo Asso-Re. Dante aveva un Asso-Regina. Marley era in vantaggio, ma mancava ancora il river, l’ultima carta da scoprire. Se fosse uscita un’altra Regina, Marley avrebbe perso. Sarebbe stata l’unica eventualità. Beth scoprì l’ultima carta determinando la fine della partita: un ininfluente Fante. Marley aveva vinto, lasciando un’unica sigaretta in mano a Dante. Avevano entrambi una coppia di Assi, ma Marley vinceva perché il suo Re batteva la Regina di Dante. Il coraggio l’aveva ricompensato. Beth sorrise, e i due giocatori si strinsero la mano. Marley regalò una sigaretta a Beth, che lo ricompensò con un bacio sulle labbra. Infine per scaricare la tensione i due giocatori iniziarono a fumare, mentre Beth decise di conservare la sua sigaretta. Capì che aveva bisogno di riflettere. Scese le scale e notò in lontananza, nei pressi della porta d’ingresso Lancelot che parlava tranquillo con Cicerone. Perché lo stava facendo? Che si fosse preoccupato delle pietose condizioni in cui veniva tenuto il prigioniero?

Perché Lancelot ha coperto Lucrezia? Che sia davvero Eva il motivo di tutti i mali scatenatisi nel Medusa Café?

Il movente:
- Lancelot ha compiuto azioni subdole per avere Eva tutta per sé. In realtà sono lontani cugini che si sono innamorato l’uno dell’altra durante l’adolescenza per poi essere divisi dalle ipocrisie familiari. Troppo complesso.
- In realtà  Lancelot era segretamente innamorato di Eva da anni. Seguiva sempre le sue interviste e i servizi televisivi che le affidavano; un ricchissimo produttore televisivo che si innamora segretamente di una delle più brillanti giornaliste, si ritrova casualmente nello stesso bar con lei accompagnata dal marito. Una catastrofe naturale sembra minacciare seriamente il suo ritorno nella civiltà: possono essere i suoi ultimi giorni passati in un modesto bar, quindi decide di fare di tutto per possederla almeno quei pochi giorni. Esageratamente romantico.
- Oppure Lancelot e Eva erano amanti, lui l’ha seguita nel bar poiché erano giorni che lei stava pensando di lasciarlo e di non mandare a rotoli un matrimonio tutto sommato sereno. Una brava persona come marito, un figlio che ancora deve varcare la soglia dell’adolescenza, perché distruggere tutto per una passione che può essere anche solo temporanea? A Lancelot non interessa, perché da una parte non ha una famiglia, quindi non ha nulla da perdere, dall’altra perché non è abituato a perdere. Anche questa è una storia troppo fantasiosa, ma d’altronde tutte lo sono. Supposizioni, che possono o non possono essere valide, a pari percentuali.
Conclusioni: Non è più di Lancelot che si sta parlando, ma di chi sospetta di lui. In mancanza di prove non sarebbe giusto processare una persona. Ormai il sospetto è martellante, bisognerebbe agire o smetterla per sempre. È come una partita di poker, arrivi al punto in cui puoi rischiare o vincere tutto, oppure decidi di morire lentamente. Sono giorni che nel Medusa Café tutti si sono interrogati sulla presunta inefficacia della pioggia, considerato che Raider è fuggito incolume, eppure nessuno ha avuto il coraggio di verificarlo sulla propria pelle per gli altri.

La giustizia non ha mai vinto, la protettrice dei più deboli combatte ancora contro il male ignoto, ma la guerra è ancora in atto. Beth, le sconfitte possono bastare! È arrivato il momento di combattere e vincere, vincere per la vita e la liberazione. Le prove non contano più, bisogna agire. Sarà Lancelot a essere mandato sotto la pioggia.
Se Lancelot morirà, Beth sarà condannata, come una volta si faceva con le streghe, ma tutti sapranno di poter abbandonare ogni speranza. Se Lancelot sopravivrà, Beth avrà vinto. La liberatrice dei più deboli, l’unica che senza mai perdere la ragione ha continuato a credere nella vita.
Il momento è giunto.

***

Lancelot era seduto con le mani che affondavano nel fango. Era caduto e l’acqua lo stava bagnando. Beth aveva il cuore che le batteva a mille. Aveva appena condannato un uomo a morte, un uomo che non aveva avuto neanche la vergogna di smentire le sue accuse. Qualche minuto prima, lei l’aveva portato sotto la porta dell’ingresso con la scusa di decidere se liberare Cicerone e lasciarlo andare sotto la pioggia affinché potessero verificare se fosse stata ancora pericolosa; eppure Beth aveva tutt’altre intenzioni. La conversazione durò il tempo di una sigaretta, la sigaretta della vittoria di Marley.
Adesso Beth riusciva appena a respirare per quello che aveva fatto: da una parte si sentiva come un bambino che prende consapevolezza di aver rotto un oggetto prezioso dei suoi genitori, dall’altra era impaziente di vedere la carne schiacciarsi sotto la pioggia.
Lancelot era ancora lì da circa trentacinque secondi e la pioggia non gli aveva fatto nulla. Era pallido in viso dalla paura e una delle due maniche, quella abbottonata, si era ormai completamente sporcata di fango, mentre dall’altro lato il braccio nudo aveva qualche piccolo taglio che faceva defluire alcune gocce di sangue.
Lancelot era salvo. La pioggia non uccideva più. L’uomo si alzò, e facendo un profondo sospiro distese gli occhi in un’espressione di gioia.
Beth era senza parole. Fece appena in tempo a mettere un piede all’esterno anche lei, che Lancelot l’aveva già presa per un braccio e l’aveva tirata sotto la pioggia con sé.
L’acqua scorreva fresca sulla pelle di Beth che finalmente sentì i muscoli rilassarsi, il sudiciume scorrere via e la gioia diffondersi come un virus su tutta la superficie del suo corpo. I due iniziarono a ridere di gusto ed a gridare per farsi sentire dagli altri abitanti del Medusa Café: “È finita! Siamo salvi! Venite fuori!”.
Si palesò per prima Eva terrorizzata, seguita da Ulisse e subito dopo da Marley e Dante. Alle prime espressioni di sconcerto, seguirono risate e lacrime di gioia.
Ormai erano tutti sotto la pioggia e dopo qualche scambio di baci e abbracci, rimasero in silenzio. Ognuno aveva bisogno di vivere quel momento intimamente, perché significava che la vita non era finita, era appena iniziata.
Beth  in particolare si sentiva cambiata. Pensava a come era prima della catastrofe: una cameriera con una vita noiosa che si piangeva addosso per il ragazzo che non l’amava più. L’esperienza all’interno del Medusa Café, l’aveva messa alla prova e resa una persona combattiva. Si stimava per l’umanità che aveva saputo conservare e che l’aveva fatta uscire a testa alta … Ecco, c’era quel piccolo dettaglio dello scontro che aveva avuto con Lancelot. Ma questo sicuramente non voleva significare niente, le sue erano soltanto buone intenzioni, l’aveva fatto per il bene di tutti. In fondo anche Lancelot ci aveva guadagnato, adesso era libero. Beth riaprì gli occhi e volse lo sguardo verso Lancelot che era tra le braccia di Eva, e si accorse che anche lui la stava guardando. I due si guardarono a distanza con una serietà che stonava con il momento, ma nessuno vi fece caso. Beth avrebbe dovuto convivere con un piccolo peso sulla coscienza. Era davvero sempre stata giusta? Si chiedeva se Lancelot fosse pentito di quello che aveva fatto, in fondo quell’uomo sembrava essere davvero innamorato di Eva. In quel momento Eva, che si era sporcata di fango abbracciando Lancelot, decise di arrotolare anche la seconda manica della camicia dell’uomo, che le sorrise sereno e la baciò malinconicamente sulle labbra.
Marley si avvicinò a Beth e la strinse forte. Quel ragazzo le voleva bene, e Beth si sentì sollevata a immaginare la loro vita al di fuori del bar. La vita vera, in cui ci si dà un appuntamento e si va a cena fuori.
Da quel momento si sentì pronta ad affrontare quella vita vera, e l’aveva capito nel momento in cui aveva spinto con esasperazione ed eccitazione Lancelot sotto la pioggia. Il suo cuore aveva iniziato a battere da quel momento. Sì, quella era la cosa più giusta che avesse fatto in tutta la sua vita.

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