-Lunedì, giorno
10-
Quando decise finalmente di rassegnarsi alla veglia e di
alzarsi era ormai passata un’oretta da quando era sorto il sole, per quanto si
riuscisse a notarlo dietro quelle insopportabili nuvole che ricoprivano il
cielo da una decina di giorni. Ad accoglierlo, mentre usciva, era il solito
odore di terra bagnata e il rumore di gocce che tormentavano incessantemente
l’asfalto, andando lentamente a corroderlo. Dieci giorni ininterrotti, quasi
stentava a crederlo. Per quanto la giovane età di certo non lo aiutasse, non
ricordava che fosse mai successa qualcosa del genere da quando era in vita.
Fece qualche passo sotto il gazebo, giusto per stiracchiarsi. Quelle notti che
stava passando nel bar non erano state tra le più comode della sua vita,
soprattutto considerando che tutti gli altri avevano colonizzato il posto,
facendolo sembrare più un campo di sfollati che altro. Quell’ultima notte, poi,
era stata infernale. A pensarci riusciva ancora a sentire le urla della
puttanella che si stava scopando Cicerone, e quell’odore così familiare che
aveva impregnato tutto il piano di sotto. Saranno andati avanti per qualche
ora, pensò irritato, accusando la nottata quasi insonne, quindi il pensiero
volò senza controllo all’ultima volta che era riuscito LUI a farsi una scopata.
Era passato ormai qualche mese, e quei rumori, quelle sensazioni che aveva così
distintamente percepito di certo non rendevano l’astinenza maggiormente
sopportabile. E quello era solo il primo pensiero della giornata.
Scosse leggermente la testa, cercando di scacciare quelle
immagini, prima che potessero rovinare ulteriormente la mattinata, che era già
iniziata nel migliore dei modi, quando la sua attenzione venne colta da un
rumore di passi.
Evidentemente qualcuno nel bar si era finalmente
svegliato, e fu quasi sollevato nel vedere che era Beth, che camminava
visibilmente ancora assonnata, stropicciandosi gli occhi. Lo chiamò per nome,
battendo leggermente la mano sulla coscia destra, come per far cenno di
avvicinarsi.
Raider sapeva bene come doveva comportarsi in quelle
situazioni. Meccanicamente simulò felicità nel vedere la padroncina che si era
alzata, iniziando a scodinzolare ed abbaiare in modo giocoso. La ragazza sorrise,
andando ad accarezzargli la testa, quindi si batté nuovamente la mano sulla
coscia, questa volta facendogli cenno di seguirlo. Anche quella era fatta,
pensò tra sé e sé Raider, trotterellando dietro di lei sperando in qualcosa da
mangiare.
Il bar lentamente si stava rianimando. Camminando tra i
tavolini notò che sembravano tutti aver risentito della notte bollente di
Cicerone, che pareva aver preso il posto di Cesare a capo del branco di quei
poveri disgraziati lì sotto. Era lampante che le cose non andavano proprio
bene, si disse, e in particolare Beth sembrava parecchio infastidita dalla
situazione. Ad altri, invece, sembrava importasse ben poco dei giochi di
potere. Lancelot, ad esempio, pareva molto più interessato ad avvicinarsi alla
femmina di Adam. Ogni volta che lanciava loro un’occhiata, o quando Eva gli si
avvicinava, Raider riusciva a sentire nell’aria uno strano odore, una
vibrazione. Quelle vibrazioni che aveva sempre notato quando si puntava una
femmina in calore. Gli esseri umani, d’altro canto, a volte gli sembravano un
mistero. Se si fosse ritrovato nella sua stessa situazione avrebbe
probabilmente affrontato Adam per strappargli la femmina, e invece lui sembrava
restio ad agire. Se ne stava là, tranquillo, a parlare con Madeleine, che dal
giorno prima aveva un’aria strana, come impaurita. Non capiva di che cosa
stessero parlando, sentiva solo che la voce di lei era spezzata e che sembrava
pendere dalle labbra di Lancelot. Ma, in fondo, non è che gli interessasse
particolarmente. Tanto più quando vide che Beth aveva riempito la ciotola. Il
cane si avventò sul cibo scodinzolando, svuotando il contenitore in pochi
minuti, per poi andarsi a chinare vicino ai piedi di Beth, sazio, sperando di
riposare un pochino. Lei iniziò ad accarezzarlo, come per rilassarsi.
A quel punto, quasi senza farci caso, Raider si ritrovò a
pensare ai tempi in cui quel modo di fare era all’ordine del giorno. Erano
passati quasi quattro anni da allora, ma le cose con gli umani, notò Raider,
non erano mai cambiate. Un codice comportamentale monotono, stereotipato:
guarda il padrone, scodinzola e abbaia giocosamente così da esprimergli gioia
per la sua presenza, fagli qualche festa, ogni tanto giocaci un po’, insomma
fagli capire che lui è tutto il tuo mondo. L’unico cambiamento era che, allora,
si sentiva veramente così. Questo prima che la portiera si aprisse sul ciglio
dell’autostrada, una calda mattina d’agosto, per poi chiudersi senza che lui
fosse a bordo. Prima che si trovasse solo, a sfuggire alle macchine o ad altri
cani che la conoscevano bene, quella vita, non come lui che prima di quel
momento si doveva soltanto preoccupare di non mordicchiare i piedi del divano
perché altrimenti gli spruzzavano l’acqua sul muso. Prima di percorrere quella
maledetta autostrada, seguendo una traccia, una scia, con la speranza che fosse
tutto un errore, solo per arrivare nel cortile del giardino di casa sua e
vedere la sua cuccia occupata da un altro cane più giovane.
Col tempo, anche avendo a che fare con altri come lui,
aveva imparato che la sua storia non era poi così poco comune. I cani più
adulti lo chiamano Abbandono da Esodo Estivo, e ogni anno le strade contavano
qualche altro componente, con la stessa aria persa ed impaurita che aveva avuto
anche lui, che si ritrovavano costretti ad imparare a vivere in quel mondo in
cui nessuno ti dà niente e in cui devi lottare per qualsiasi cosa, dal boccone
di pizza trovato rovistando nella spazzatura alla femmina in calore che faceva
salire il sangue in testa a tutti. Chi non riusciva ad adattarsi, d'altronde,
non sarebbe durato a lungo.
Eppure, per quanto fosse dura, l’idea di non essere
l’unico ad aver fatto una fine del genere lo sollevava. Quel senso di
appartenenza in fondo li univa, nonostante i contrasti che naturalmente potevano
nascere per questioni territoriali o per la semplice e pura sopravvivenza. In
fondo, erano tutti vittime allo stesso modo. Questo non bastò a far sì che non
se la prendesse col cane che lo aveva rimpiazzato quando, un anno dopo, anche
lui si ritrovò in mezzo ad una strada, ma di certo rendeva il tutto più
sopportabile.
In quegli anni che aveva passato da randagio, aveva
imparato due cose in particolare. La prima era che degli esseri umani non ci si
poteva fidare. Lo aveva capito già quel giorno, in autostrada, ma durante il
tempo questa sua convinzione si era consolidata. Era rimasto così tante volte
perplesso nell’osservarli, non ultimo il momento in cui avevano deciso di
chiudersi dentro quel bar quando era arrivata la pioggia, che ormai aveva
rinunciato a conoscerli. Erano semplicemente troppo diversi da loro, troppo
complicati, troppo strani, quasi come se fossero di un altro pianeta. La
seconda però era la più importante di tutte: gli esseri umani erano superiori a
loro. Non si capacitava di come riuscissero a fare quelle cose che a lui
sembravano impossibili con una semplicità disarmante. Riusciva a sentire le
loro voci attraverso i telefoni, nonostante chi parlasse non fosse lì presente,
erano in grado di portare la luce anche durante la notte e di manipolare i
suoni, ed era rimasto così tante volte disarmato nel vederli usare quegli
oggetti straordinari e assolutamente al di fuori della sua comprensione, come
le automobili o i televisori, che non poteva non ammettere la loro superiorità.
L’aspetto più importante di questa verità, tuttavia, era che loro ne erano fin
troppo consapevoli. Riusciva a vedere dal modo in cui si ponevano nei suoi
confronti che non avrebbero mai pensato che tutto quello che faceva, dal
giocare con loro al fare le feste quando li incontrava dopo tanto tempo, fosse
tutto un trucco che utilizzava per i propri interessi. Pochi minuscoli
sacrifici che servivano a farsi accudire come fosse un bambino, e tutto perché
non ritenevano fosse in grado di mentire.
Qualche eccezione c’era sicuramente, bisognava dirlo.
Tony, per esempio, aveva sempre mostrato diffidenza nei suoi confronti e
sembrava sempre alquanto distaccato. Si ritrovò a chiedersi che fine avesse
fatto. Aveva sentito distintamente la sua voce e l’odore del suo sangue, quando
era iniziato a piovere. Quell’odore era particolarmente intenso e pungente, ma
dopo qualche ora l’acqua lo aveva semplicemente lavato via. Da allora non lo
aveva più visto, né sentito. Pensandoci su, a giudicare da quanto era forte
quell’odore, probabilmente era morto dissanguato.
Quel giorno la mattinata passò velocemente. Raider notò
un minimo di movimento soltanto quando Marley salì al piano di sopra a
svegliare le altre persone, e in particolare vide che il giovane umano sembrava
particolarmente a disagio. Poi nulla, le persone semplicemente si erano sedute
in silenzio, scambiandosi qualche occhiata fugace, come se stessero aspettando
qualcosa. Il cane, dal canto suo, non poteva sperare in meglio. Più rimanevano
zitti e tranquilli, più lui poteva starsene steso a riposare. Ben presto fu ora
di pranzo, e a quel punto alcuni di loro si alzarono a prendere qualcosa da
mangiare, ancora in religioso silenzio. Dante e Ulisse, a un certo punto,
lasciarono la stanza e si misero sotto quello che era rimasto del gazebo. Le
ore passarono così, in una tranquilla e uggiosa giornata.
Solo dopo un bel po’ sentì rumori provenire dalla stanza
di Cesare, dove ora si era posizionato Cicerone. Qualche minuto dopo il giovane
uscì, e sembrava stranamente pieno di energie. Parlava con un tono molto alto e
la gente sembrava al contempo infastidita ed impaurita da lui. Si avvicinò a
Marley ed Adam velocemente, quasi correndo, e continuò a parlare a voce alta,
indicando gli altri umani nel bar. Adam era l’unico a rispondergli tranquillamente,
mentre Marley rimaneva un po’ in disparte, e il cane non potè fare a meno di
notare che il suo atteggiamento nei suoi confronti era veramente cambiato,
quasi come se si sentisse tradito. Raider rimase a guardare quella scena,
ancora steso ai piedi di Beth, che evidentemente sentiva un’enorme rabbia
dentro di sé. Lo sentiva nell’aria il suo nervosismo, ma sarebbe bastato notare
che le carezze si erano fermate, e che piano piano la presa su di lui si stava
facendo più forte. Spazientito, Raider si alzò e fece per allontanarsi, quando
sentì nuovamente la porta dell’ufficio di Cesare aprirsi, facendo passare
Lucrezia, che subito gli lanciò un’occhiataccia. Lui digrignò i denti in tutta
risposta, e tornò vicino a Beth, che iniziò a discutere con la nuova arrivata.
La discussione fu troncata dall’arrivo di Cicerone che, con quel tono sempre
molto alto ed euforico, abbracciò Lucrezia, soffocando le sue parole con le sue
labbra. Quindi chiamò a gran voce le altre donne del bar, entrando con loro
nella dispensa. Raider a quel punto si alzò e se ne andò fuori, raggiungendo
Dante e Ulisse, che se ne stavano in disparte come al solito.
C’era qualcosa di strano in loro che non sapeva
spiegarsi. Gli altri esseri umani, da quando era cominciata quella storia, erano
particolarmente umorali. Sembravano sempre sull’orlo di una crisi di nervi e,
salvo pochi momenti, urlavano sempre e si davano addosso l’un l’altro. Loro due
invece erano sempre tranquilli, come se quella situazione non li toccasse. In
particolare lo incuriosiva Ulisse. Da quando stava al bar lo aveva trovato lì
ogni giorno, seduto nello stesso posto, con un odore pungente di alcol addosso,
eppure non era mai stato avvicinato da nessun altro essere umano. Sembrava
essere un emarginato, e in questo si sentiva in un certo senso vicino a lui. A
volte lo aveva visto anche in mezzo alla strada, forse qualche volta aveva
anche ricevuto del cibo da parte sua. Eppure c’era qualcosa di strano in lui,
qualcosa che non riusciva a capire, per cui Raider non riusciva a fidarsi di
quello che mostrava. Delle persone lì sotto lui era l’unico che sembrava
nascondere qualcosa di grosso.
Rimase là sotto con i due compagni per un paio d'ore,
mentre le persone dentro al bar erano ritornate ad una triste
nullafacenza. Ad un certo punto gli arrivò al naso lo stesso fetore di umori
che aveva sentito quella notte, proveniente con ogni probabilità ancora
dall'ufficio di Cesare, ma sentiva anche altro, in particolare uno strano
profumo di caramello, che lo lasciava perplesso per il contrasto che faceva, a
cui si aggiungeva anche un altro odore, che non riusciva a riconoscere.
Annusandolo, iniziò a ricordare di averlo già sentito altrove. Ci volle qualche
secondo per ricordarsi che era lo stesso odore che aveva annusato qualche volta
sulle mani di Tony, in particolare il giorno che era incominciata la pioggia.
Non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere, e la cosa lo incuriosì.
Si alzò quindi, entrando nuovamente nel bar, ma riuscì
solamente ad avere la certezza che veniva dal retro, perché quando provò ad
aprire la porta si rese conto che era bloccata. Annoiato, fece per tornare ,
quando la porta si aprì nuovamente, facendo uscire Cicerone, con l’aria un po’
sconvolta, che urlò qualcosa alle persone del bar, facendole lentamente
accorrere. Indicò qualche volta verso la dispensa, stavolta con un’aria seria,
ma continuando a conservare il tono stranamente alto, e mentre parlava notò che
le altre persone sembravano reagire alle sue parole con preoccupazione. Un paio
di persone, in particolare, cercarono di parlare con Cicerone, confusi, ma dopo
un po’ l’assemblea si chiuse, lasciando dipinta sul volto di tutti, compresa
Beth, un’aria stranamente preoccupata. Notò che Marley provò ad avvicinarsi a
Beth, dicendole qualche parola, ma la ragazza affondò semplicemente il volto
nelle mani, e Raider riusciva chiaramente a sentire lo stress che stava
provando. A quel punto Marley ci rinunciò, tornando a sedere in un angolo del
bar. Da quando Cicerone era salito al potere e si trastullava con Lucrezia,
notò il cane, Marley era rimasto solo.
Ben presto arrivò la sera, e Beth gli riempì nuovamente
la ciotola. Avvicinandosi Raider notò, con disappunto, che la razione era
visibilmente diminuita. Ciononostante la trangugiò in pochi secondi, quando improvvisamente
si sentì addosso lo sguardo di Lucrezia. La ragazza era uscita per cena con
Cicerone, e sedevano tutti ad un tavolo al centro del bar, allestito
rapidamente. Quando vide il cane che mangiava, l’adrenalina iniziò a scorrerle
in circolo, e questo fece risuonare un campanello d’allarme nella testa di
Raider. All’istante la donna iniziò ad alzare la voce, indicandolo in modo
minaccioso. Beth, di tutta risposta, le urlò contro, e iniziarono a discutere,
un’altra di quelle discussioni che servivano solo a scaldare l’ambiente. In
pochi secondi iniziarono a darsi addosso l’un l’altro, con Adam ed Eva che
sembravano spalleggiare Lucrezia, che continuava a lanciargli degli sguardi
infastiditi. A quel punto Cesare, che era stato in silenzio e in disparte per
tutta la giornata, sembrò improvvisamente svegliarsi, frapponendosi tra Beth e
gli altri che le urlavano contro in modo minaccioso. Lucrezia sembrò quasi
oltraggiata da quel modo di fare, e la situazione stava degenerando. Raider,
innervosito, iniziò ad abbaiare furiosamente, come per cercare di farli
smettere. Lucrezia sembrò irritata dai suoi versi e fece per avvicinarsi, come
per dargli un calcio, ma venne fermata da Beth, che la spintonò, facendola
quasi cadere a terra. A quel punto Cicerone alzò la voce, e tutti, a quel
punto, tornarono a sedersi. Quindi il giovane iniziò un suo discorso, con la
gente che lo ascoltava attentamente e Beth che sembrava sempre più nervosa dopo
ogni parola. Anche Dante e Ulisse, che se ne stavano sempre per conto loro,
sembravano palesemente infastiditi da tutta quella situazione. Lo scrittore, in
particolare, stringeva la spalla di Beth, cercando di calmarla, e Raider non
potè fare a meno di notare che probabilmente quella era la prima volta che quei
due prendevano una posizione. Ma soprattutto notò un preoccupante ripetersi,
per tutta la durata della discussione, del suo nome, e non ci volle molto per
capire che tutto quello scompiglio aveva a che fare con lui. Immagini della sua
vita nella villetta in città iniziarono a palesarsi davanti ai suoi occhi
quando vide le mani di Lucrezia, Cicerone, Adam, Eva e Maria alzarsi. Lo
sguardo di Cicerone quindi corse minaccioso su Marley, che però sembrava voler
rimanere fuori dalla questione ed era visibilmente a disagio. A quel punto Adam
si alzò spazientito, dirigendosi verso Raider. Beth provò ad intromettersi, ma
l’uomo la scostò in malo modo, allungando una mano verso il collare del cane.
Lui, per tutta risposta, gli diede un morso, facendolo arretrare urlando. Aveva
capito perfettamente di cosa stavano parlando. Lo aveva già visto, e se anche
non fosse bastato averlo provato sulla sua pelle, aveva vissuto abbastanza tra
gli esseri umani per capire quando volevano allontanarlo. Ma stavolta non gli
avrebbe permesso di decidere per lui. Fanculo a loro, fanculo a quel bar
maledetto, fanculo alla loro paura irrazionale e ai loro continui darsi addosso
l’un l’altro. Non sarebbe rimasto là dentro un minuto di più.
E così, prima che Adam riuscisse ad alzarsi per
inseguirlo infuriato, Raider si girò e iniziò a correre, diretto verso
l’ingresso del bar. Uscì fuori dalla copertura del gazebo, sentendo le gocce
fresche che gli carezzavano la pelle, e continuò la sua corsa, illeso, sparendo
dalla vista degli abitanti del Medusa Café oltre un muro di acqua.
"Ma come diavolo."
"Non è possibile. Non gli è successo niente. Stiamo qua, rintanati come topi da dieci giorni e un cane esce come se niente fosse?"
"Qualcosa non quadra, forse-"
"Ragazzi, e se semplicemente la maledizione fosse finita? Magari ora possiamo uscire tranquillamente."
"Non è il caso di correre troppo, Marley, ci sono troppe cose che non quadrano. Non possiamo permetterci di fare la fine di Tony. In fondo, se fosse tutto a posto, non vi sembra strano che la gente ancora non sia uscita?
"Non è possibile. Non gli è successo niente. Stiamo qua, rintanati come topi da dieci giorni e un cane esce come se niente fosse?"
"Qualcosa non quadra, forse-"
"Ragazzi, e se semplicemente la maledizione fosse finita? Magari ora possiamo uscire tranquillamente."
"Non è il caso di correre troppo, Marley, ci sono troppe cose che non quadrano. Non possiamo permetterci di fare la fine di Tony. In fondo, se fosse tutto a posto, non vi sembra strano che la gente ancora non sia uscita?
"Ma-"
“E, pensandoci, non mi pare di aver mai sentito di un cane che sia rimasto ucciso dalla pioggia. Nono so, la faccenda della pioggia già è assurda… sinceramente non mi stupirebbe più di tanto, ormai, se si scoprisse che quest’acqua è mortale solo per gli esseri umani."
"Dante ha ragione, quello che è appena successo non significa niente. E dubito che qualcuno di noi voglia tentare la sorte."
"Quindi che cosa consigli di fare, Beth? Rimanere qui sotto terrorizzati aspettando il momento che il cibo non basterà per tutti? Hai sentito Cicerone che cosa ha detto, no? Non dureremo ancora a lungo."
"Allora vuoi essere tu il primo a buttarti sotto l'acqua? Se hai voglia di rischiare fa' pure, ma credo ci possano venire in mente idee migliori di questa."
"..."
"Non vedo il motivo per avere tutta questa fretta. La notte porta consiglio, e penso sia più utile rifletterci un po' su, piuttosto che essere avventati. E poi sicuramente ora non ne caveremmo un ragno dal buco. Andiamo, Lucrezia.
"Aspetta Cicerone, non possiamo-"
"Lasciali andare, Beth, non credo ci sarebbero stati di aiuto."
"Sì, però-"
"Maledizione, quel dannato cane mi ha aperto una mano. E se avesse avuto la rabbia? Mi chiedo perché abbiamo aspettato così tanto per decidere di cacciarlo."
"Prima di tutto Raider non era rabbioso, ha solo reagito di conseguenza, visto che qualcuno aveva deciso di usare le maniere forti. E poi non avevamo ancora deciso nulla, maledizione. La votazione non era ancora conclusa, chi ti ha dato il diritto di-"
"Ah, ma piantala, Dante. Era l'unica cosa sensata da fare in quella situazione, e non avrei permesso che la mia famiglia morisse di fame per un sacco di pulci che si è reso utile solamente andandosene. E se voi non avevate il coraggio di fare quel che andava fatto, tanto valeva agire per conto mio. Perlomeno ora avremo una bocca in meno da sfamare."
"Bah."
"In ogni caso penso sia inutile discuterne ora. Io entro dentro, che sono a pezzi. Vi lascio alle vostre chiacchiere."
"Veniamo anche noi. Questi ultimi avvenimenti...ci hanno lasciato un po' stordite. Meglio dormirci un po' su. Buonanotte, ragazzi."
"'Notte, Maria. E Madeleine… cerca di riposare un po’ stanotte, e pensa a quello che ci siamo detti."
“E, pensandoci, non mi pare di aver mai sentito di un cane che sia rimasto ucciso dalla pioggia. Nono so, la faccenda della pioggia già è assurda… sinceramente non mi stupirebbe più di tanto, ormai, se si scoprisse che quest’acqua è mortale solo per gli esseri umani."
"Dante ha ragione, quello che è appena successo non significa niente. E dubito che qualcuno di noi voglia tentare la sorte."
"Quindi che cosa consigli di fare, Beth? Rimanere qui sotto terrorizzati aspettando il momento che il cibo non basterà per tutti? Hai sentito Cicerone che cosa ha detto, no? Non dureremo ancora a lungo."
"Allora vuoi essere tu il primo a buttarti sotto l'acqua? Se hai voglia di rischiare fa' pure, ma credo ci possano venire in mente idee migliori di questa."
"..."
"Non vedo il motivo per avere tutta questa fretta. La notte porta consiglio, e penso sia più utile rifletterci un po' su, piuttosto che essere avventati. E poi sicuramente ora non ne caveremmo un ragno dal buco. Andiamo, Lucrezia.
"Aspetta Cicerone, non possiamo-"
"Lasciali andare, Beth, non credo ci sarebbero stati di aiuto."
"Sì, però-"
"Maledizione, quel dannato cane mi ha aperto una mano. E se avesse avuto la rabbia? Mi chiedo perché abbiamo aspettato così tanto per decidere di cacciarlo."
"Prima di tutto Raider non era rabbioso, ha solo reagito di conseguenza, visto che qualcuno aveva deciso di usare le maniere forti. E poi non avevamo ancora deciso nulla, maledizione. La votazione non era ancora conclusa, chi ti ha dato il diritto di-"
"Ah, ma piantala, Dante. Era l'unica cosa sensata da fare in quella situazione, e non avrei permesso che la mia famiglia morisse di fame per un sacco di pulci che si è reso utile solamente andandosene. E se voi non avevate il coraggio di fare quel che andava fatto, tanto valeva agire per conto mio. Perlomeno ora avremo una bocca in meno da sfamare."
"Bah."
"In ogni caso penso sia inutile discuterne ora. Io entro dentro, che sono a pezzi. Vi lascio alle vostre chiacchiere."
"Veniamo anche noi. Questi ultimi avvenimenti...ci hanno lasciato un po' stordite. Meglio dormirci un po' su. Buonanotte, ragazzi."
"'Notte, Maria. E Madeleine… cerca di riposare un po’ stanotte, e pensa a quello che ci siamo detti."
“Sì...sì, certamente. Buonanotte, Lancelot”
"Voi cosa pensate di fare?"
"Sinceramente, Beth, non so cosa pensare. Continuo ad essere dubbioso. Come ha detto Dante, non è possibile che nessuno si sia accorto che la pioggia non uccide più, ma è anche vero che quel cane ci ha sbattuto in faccia un bel dubbio. Personalmente, non so che pesci prendere.”
"Voi cosa pensate di fare?"
"Sinceramente, Beth, non so cosa pensare. Continuo ad essere dubbioso. Come ha detto Dante, non è possibile che nessuno si sia accorto che la pioggia non uccide più, ma è anche vero che quel cane ci ha sbattuto in faccia un bel dubbio. Personalmente, non so che pesci prendere.”
“Quindi cosa dovremmo fare? Dovremmo stare qui, con le
mani in mano, ad aspettare chissà cosa?”
“Lo so, suona male anche a me, però rifletti, quali
alternative abbiamo? Vogliamo seriamente tentare la sorte e gettarci sotto la
pioggia? Te lo ripeto, sono il primo a non esserne convinto, ma purtroppo devi
convenire che questa sembra l’unica soluzione razionale al momento, non credi?
"Sì, scusami... forse hai ragione tu, Lancelot. Forse è veramente la cosa migliore da fare. Magari tra un paio di giorni la pioggia finirà, o qualcuno verrà a prenderci. Sinceramente non so neanche in cosa sperare...so soltanto che al momento siamo ancora intrappolati. E non so quanto dureremo."
"Sì, scusami... forse hai ragione tu, Lancelot. Forse è veramente la cosa migliore da fare. Magari tra un paio di giorni la pioggia finirà, o qualcuno verrà a prenderci. Sinceramente non so neanche in cosa sperare...so soltanto che al momento siamo ancora intrappolati. E non so quanto dureremo."
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